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PRIMA DELLA VOCE di Paolo Parrini (Samuele editore, 2021)

Non so voi, ma quando io ho un libro di poesia tra le mani e il cuore, trattengo negli occhi il titolo per tutta la durata della prima lettura del testo, per cercare di agganciare con ago e filo invisibili le maglie della “rete” che tiene insieme tutte le parole e il senso, e quel filo diventa poi per me, nelle letture successive, l’impalcatura su cui lascio asciugare le parole che, in poesia, trasudano sempre mentre si “compiono”.

Ma, questa volta, il Poeta spiazza e il titolo diventa veicolo che trasporta il lettore verso una direzione che comprenderà solo alla fine di questo viaggio poetico che si compie in una “terra” tesa tra il titolo dell’opera e l’ultima poesia che, collocata strategicamente tra l’indice e il colophon (che chiude l’opera in ultima pagina), svela dove il cammino poetico approda temporaneamente, proprio dove ha avuto inizio, dove ha sempre inizio: prima della voce.

Il titolo trattiene l’essenza dell’opera e ne svela l’origine, aprendo al lettore una porta sulla “stanza segreta” dove tutto prende forma, su quel “non luogo” pre-verbale dal suono pieno, che non passa attraverso un contenuto semantico, ma attraverso un aspetto sensoriale che anticipa la nascita della parola poetica che è, di fatto, quell’esitazione prolungata tra suono e senso secondo la definizione a me tanto cara di Paul Valery.

Il poeta Parrini accompagna con grande maestria in un percorso circolare che ha approdo nel punto di inizio dove “l’emozione sale a cercare il fiore incolto” che sboccia dai semi di una percezione ancora informe, nuova o sovrapposta. E ricorda al lettore che, in poesia, si parte sempre “per tornare a casa”, facendo riecheggiare, in questa esperienza di circolarità del percorso poetico, nel ripetersi del ritorno dalla forma pre-verbale (punto di partenza della poesia) al linguaggio poietico, le parole di T.S. Elliott: “e la fine di tutto il nostro esplorare sarà giungere là onde partimmo e conoscere il luogo per la prima volta […] dove l’ultima terra da conoscere sia quella che era il principio”.

Parrini introduce il lettore ai suoi versi con la complicità della fotografia di Michela Goretti (che lavora sul piano dell’articolazione inconscia della realtà), dialogando con lo scatto dell’artista non solo in copertina, ma ritornando a intercettare la sua proposta di “luoghi dell’inconscio” anche nella seconda e nella terza di copertina, in cui si “compie” il senso dei primi versi parriniani che il lettore incontrerà in questo viaggio e con cui traduce le tappe del percorso trasformativo reso possibile dalla poesia.

Dal punto di vista simbolico-figurativo, lo specchio trattenuto tra le mani che, in copertina, riflette “la pace degli alberi” (raccontata dal primo verso a pag. 13) pur nel loro intricarsi, colloca il soggetto nel luogo della creatività, rappresentato dalle radici tanto vicine al corpo. La donna dallo sguardo ingabbiato nella seconda di copertina racconta “La terra (ovvero il somatico) che aspetta dietro un cancello stretto (rimandando all’impossibilità di rappresentare, all’incapacità di comprendere alcune sensazioni)” (p.13). La mente è imprigionata mentre la memoria del corpo è libera di sentire e di registrare il vissuto. La poesia ha il potere di liberare il sé corporeo (la mente più arcaica); ha il potere di liberare dalla gabbia della non rappresentabilità. Infine, l’immagine della donna che copre il volto con un mazzo di fiori trattenuto tra le mani in terza di copertina sussurra il verso: “sulla via camminata in mille ore/ il sunto d’un dolore/ poi il mandorlo fiorito là” (p.13). Da un punto di vista simbolico, i fiori (che sembrano avere radici nel corpo, nella memoria ancestrale del soggetto fotografato come del poeta) rappresentano il lavoro trasformativo della poesia proprio su quella “terra che aspetta”.

L’attesa, che ritorna più volte nella poesia del Parrini ha bisogno di essere nominata e riconosciuta, mentre “tutto si addormenta per poi svegliarsi ancora” (p.26) e racconta la “La resurrezione di ogni giorno” che non rappresenta solo un chiaro riferimento alla vita, ma alla poesia stessa intesa come processo trasformativo e di resurrezione che ri-conduce a sé, alla propria voce e all’incontro con l’altro attraverso la parola poetica, nella sua capacità di far risuonare nel presente le parole “e dire l’amore, prima del vento/ prima della sera.” (p.22)

Il codice condiviso della poesia e della fotografia nell’opera di Parrini traduce, nelle forme armoniose di voci polisemiche, il codice nascosto della parola poietica, ovvero di una parola capace non solo di dire, ma soprattutto di agire, su chi la riceve, ad un livello più profondo, perché la parola poetica è parola del risveglio della possibilità. Parola quindi che richiede, questa volta in maniera esplicita, un ascolto polisensoriale e, di conseguenza, un’efficace messa in comunicazione con l’altro che il Poeta non identifica solo come lettore passivo, ma come interlocutore necessario, come presenza cooperante.

Lo specchio trattenuto tra le mani ha bisogno di un’immagine da riflettere per dar senso alla funzione per cui esiste, la gabbia ha bisogno che un altro la apra perché se ne possa liberare il contenuto e i fiori hanno bisogno che ci sia qualcuno o qualcosa che se ne prenda cura per non appassire. I luoghi dell’inconscio raccontati da Michela Goretti hanno bisogno dell’altro, fondamentale per il compiersi, e per il dare forma a quanto esiste prima della voce. Quell’altro che Parrini chiama alla condivisione: “Alla mia sera aggiungi la tua/ al mio dolore il tuo.” (p.16) e che considera importante al punto da riproporre lo stesso verso in un’altra poesia, quattro pagine più avanti (p.20): “Alla mia sera aggiungi la tua”. ”Non siamo fatti di certezze” e, per questo, abbiamo bisogno di non perderci mentre “si scompone la sera” (p.20).

Se scuoti la tovaglia le briciole/ di pane ti indicano il cielo” (p.14) e il verso, tronco a metà pagina, diventa trampolino per le emozioni che (ci ricorda il Poeta), se liberate, nutrono lo spirito del tempo ed è questo nutrimento ad indicare il cielo inteso come crescita personale del poeta e del lettore, ovvero ad annullare il tetto della rimozione, lasciandoci sempre scoperti fino a “farsi raggio o crepa.”(p.52)

Sia benedetto questo spazio fatto altrove” (p.52) che è la poesia, il luogo della trasformazione, della possibilità, l’autunno lucido di pioggia che canta il Parrini nel verso che porto con me in questa vita che “ha troppi incagli e mura senza appigli.” (p.26):

Tra tutti i miei anni scelgo/ quest’autunno lucido di pioggia/ perché posso cambiarlo ancora,/ prima del buio.” (p.41)

Tutto è ancora possibile, prima del buio, prima della voce.

di Gabriella Grande

https://www.samueleeditore.it/prima-della-voce-paolo-parrini/

La mia ombra è fatta di pietre
scalcinate, il mio cielo
si perde stretto fra i tetti e le grondaie.
non ho il senso della pianta
alla finestra, m’hanno rubato
il sole appena nato.
E so il sale e il tempo
maturo dell’estate
scritto sui muri e le pareti antiche.
tra tutti i miei anni scelgo
quest’autunno lucido di pioggia
perché posso cambiarlo ancora,
prima del buio.

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PAOLO PARRINI. QUANDO LA POESIA HA IL LINGUAGGIO DELL’ANIMA

di Gabriella Grande

Vorrei attraversare con te i tuoi versi, per permettere al pubblico di conoscere a fondo il poeta e la persona che sei, ma, prima di iniziare questo incamminamento, vorrei porti una domanda in particolare: tu hai costruito una famiglia e hai dei figli e la poesia è, fondamentalmente, un modo di stare al mondo. Cosa significa per un padre lasciare in eredità ai propri figli non solo l’esempio di vita, ma anche la propria Poesia?

È una domanda che mi sono posto più volte anch’io. Per varie vicissitudini personali, sono diventato padre abbastanza tardi, quindi questo argomento mi tocca ancora più profondamente. Ho sempre amato molto scrivere, però lo sviluppo compiuto della mia Poesia si è avuto proprio dopo la nascita dei miei figli. Quanto è accaduto potrebbe sembrare una contraddizione, dal momento che la Poesia assorbe molte energie, sottrae molto tempo alla vita e al quotidiano. Avere figli, lavorare e, nel contempo, scrivere non è semplicissimo. Ma la Poesia che scrivo adesso è, certamente,  il risultato di tutte le esperienze che ho avuto nella vita e quella della paternità è stata, se non la principale, sicuramente tra le più importanti. La vita è fatta di azioni, di movimento e molto meno di ripensamento e di riflessione ed il quotidiano, spesso, sottrae energie e tempo che avrei voluto dedicare ai miei figli. Per questo mi auguro che, tra venti-trent’ anni, sfogliando i miei libri, loro vi trovino tutto quello che, a voce, io non sono riuscito a dire. Ecco, spero che la mia Poesia riesca a fare questo per me.

Vorrei aprire questo cammino in dialogo con te, con un verso della tua Poesia ”Coprimi di te”, che fa parte della raccolta poetica “Oltre il buio della notte” (La Vita Felice, 2019): “Siamo l’ombra e la sete”. In questo verso, l’ombra e la sete diventano archetipi, manifestazioni sensibili dell’attraversamento di due dimensioni interiori, le due facce autenticamente reali della vita, negatività e positività in perenne confronto in una dinamica psichica in cui non si rifiuta nessuna componente dell’uomo, ma, anzi, la si accoglie come parte essenziale di un cammino di crescita o di completamento nell’altro. Il riferimento all’ombra ritorna, poi, in un verso potente in “Un uomo tra gli uomini” (Giuliano Ladolfi Editore, 2020): “Un giorno saremo, la mia ombra e io, fratelli di sangue.” Che valore hanno l’ombra e la sete per il Poeta che sei e per il tuo modo di concepire la vita?

L’ombra ritorna spesso nella mia Poesia, finanche nel titolo del secondo libro che ho scritto: “Di luce e d’ombra” (Aletti editore, 2016). Senza l’ombra non vi sarebbe la luce e non potremmo apprezzarla in quei brevi sprazzi in cui si concede e che, credo, siano valorizzati proprio dall’ombra stessa. Nel verso che hai citato: “siamo l’ombra e la sete” si parla di un amore. Nel comporla, mi era sembrato di scrivere di un amore terreno per un essere umano, ma, rileggendola, mi è poi accaduto di scoprire che racchiude il senso di un amore più universale. Mi succede spesso, quando scrivo, di non avere piena padronanza di quello che traduco in parole, ma di essere colto e guidato da un’ispirazione, da qualcosa che non so bene definire e che sembra provenire dall’esterno o dall’alto e verso il quale è necessario che io resti in silenzio e mi metta in ascolto, per poi scrivere quasi sotto dettatura. È quanto mi accade, a volte. Sembra quasi che le parole arrivino da un altrove.

Come ti dicevo, nel primo verso che hai riportato, quell’ombra io l’ho riferita ad una persona amata ma poi mi sono accorto che poteva essere riferita anche a Dio e questo è possibile forse perché c’è un’incessante ricerca in me di una fede ultraterrena. Una fede che, purtroppo, non posseggo con la forza, con la saldezza che vorrei, però questa ricerca di Dio in me non ha mai fine, così come non ha mai fine la mia sete di Dio, quella sete di cui mi hai chiesto. Nel secondo verso che hai riportato, invece, tratto da “Un uomo tra gli uomini”, faccio riferimento all’ombra in un auspicio di ricongiunzione possibile, al termine di questa vita terrena, tra il nostro essere terreno e un’anima superiore, tra la nostra parte d’ombra e la nostra parte di sangue.

La sete è dunque sete di Dio? Che valore dai alla sete nella tua poetica?

La sete ha varie sfaccettature: è sete di Dio, è sete d’amore ed anche sete di amore terreno. Siamo fatti di carne e sangue ed è innegabile una forte componente di ricerca, nella vita di tutti i giorni, anche di amore concreto, di affettuosità e di abbracci. Gli abbracci! Mancano troppo spesso, in preda come siamo non tanto dell’egoismo, quanto piuttosto del quotidiano. Abbiamo perso il senso e il valore dell’abbraccio. Un “vero” abbraccio tra le persone è rarissimo, ed in seguito al Covid lo è diventato ancora di più. La sete per me è sete d’amore, ma di un amore inteso nel senso più alto, che consideri l’amore terreno solo come punto di partenza, per abbracciare, infine, qualcosa di cosmico. Ho questa aspirazione, però, troppo spesso anch’io mi perdo in mille rivoli, consumo le tante energie a disposizione in cose di cui mi pento presto. Questa sete è sempre presente in me, si blandisce solo quando soffro. È il mio anelito ad amare e ad essere amato.

Riprendendo il tuo riferimento a Dio e all’attesa fiduciosa di una dimensione ultraterrena, nella tua Poesia si avverte tutta l’umanità dell’uomo che lotta e, il più delle volte, cade e chiede perdono a Dio, lasciando spazio alla speranza di una dimensione che sia luogo di origine e destinazione. Cosa rappresenta Dio per te?

Dio rappresenta per me un interlocutore costante. Non essendo un credente saldo nella fede, sono sempre alla tormentosa e continua ricerca di Dio. Sento il bisogno di parlargli, di trovarlo come un vero interlocutore che, proprio nel momento in cui lo cerco, si avvicina e dialoga con me. Parlo molto con Dio, in modo spontaneo. Forse questa è la mia personale forma di preghiera. Molte delle cose fatte nella mia vita probabilmente non le rifarei o vorrei non averle attraversate, ma quello che chiedo a Dio è di darmi la forza di rialzarmi il giorno dopo uno sbaglio o un dolore e di riprovarci, nella piena consapevolezza di tutti i miei limiti. Probabilmente continuerò a sbagliare, ma non vorrei mai perdere questo slancio. Apprezzare il dono di essere vivi e ringraziare, al mattino, perché siamo vivi spero mi possa sempre spingere oltre gli errori che ho fatto il giorno prima. Ne commetterò forse ancora di nuovi, però ci sarà sempre questa ricerca di “una forma di luce”. Io, fondamentalmente, vivo tra le tenebre e la luce. Delle tenebre subisco la loro forza attrattiva, ma sento che, rivolgendomi alla luce, posso limitare il potere delle tenebre.  Ho un’indole altalenante, in oscillazione continua tra la terra e il cielo. I miei limiti umani, che conosco bene, sono un grosso ostacolo, ma il mio sguardo rivolto a Dio mi spinge a non arrendermi mai ai miei sbagli, ma a rialzarmi, il giorno dopo, e a riprovarci, a riprovarci ancora.

Molto bello e vero quello che hai detto e che evidenzia anche quanta importanza dai alla relazione con l’altro che, in questo caso, è Dio. A questo proposito, nel tuo ultimo libro “Dentro tutte le cose c’è amore” (Puntoacapo, 2021) si incontra il verso: “Molto amammo. /Molto non sapemmo farlo, /ma adesso è tempo ancora /dello sguardo”. Il riferimento allo sguardo nella Poesia è sempre molto coinvolgente nella sua complessità. Sartre definisce una terza dimensione ontologica del corpo (le prime due, ovvero “il corpo che sono”” e il corpo che ho” le individua Husserl) e questa terza dimensione fa riferimento al “corpo che sento quando mi sento guardato”. Cosa significa per te sentirsi nello sguardo dell’altro, soprattutto in questo momento storico in cui lo sguardo è diventato il canale privilegiato di comunicazione? E quanto la Poesia può aggiungere alla verità di questo canale privilegiato?

Lo sguardo, in questo tempo provato dal Covid, è, a volte, purtroppo l’unico canale attraverso il quale poter interloquire e avvicinarsi alle persone. Lo sguardo, per me, è anche silenzio. Nel verso che hai riportato, faccio riferimento a tutti i tentativi che avanziamo nella vita, a volte anche molto faticosi, di amare e di essere amati. La ricerca di un amore può farsi angosciante, quando, a volte, diventa ossessiva. Lo sguardo per me è quiete, è pace. Molte volte, nella vita, abbiamo dato e ricevuto, molte volte abbiamo sbagliato, molte altre abbiamo deluso delle persone o ne siamo stati delusi; questa è  la “battaglia” della vita. E poi arriva “il tempo dello sguardo” e per me è silenzio. Mi riferisco non solo allo sguardo tra due persone, ma anche allo sguardo tra l’uomo e Dio e allo sguardo rivolto ad un albero, ad una roccia, ad un bosco, alla neve. Lo sguardo che immagino è quello che non si ferma sull’oggetto, ma che va oltre. Il tempo dello sguardo è il tempo in cui dare spazio, in cui ridimensionare l’ego (non è facile e nei poeti è, spesso, molto cresciuto, ma ne parlo come aspirazione), per svuotarsi e lasciare spazio solo alla Poesia.

Poesia e sguardo sono collegati, nel mio modo di intendere le cose. Poiché lo sguardo è silenzio, è luogo in cui è possibile lasciare spazio all’altro e quindi, prima di tutto alla Poesia.

Abbiamo lottato nella vita, abbiamo amato e siamo stati amati oppure non siamo stati amati e non abbiamo amato. Qualunque cosa sia accaduta nella nostra vita, adesso fermiamoci e, fosse anche solo per poco, impariamo ad abitare il silenzio, ma il silenzio vero, non solo assenza di rumori ma un silenzio interiore che lasci parlare la Poesia. Non è sempre facile! Troppo spesso restiamo sordi al suo segnale. Solo se riusciamo a restare in silenzio e a metterci in  ascolto, arriva la Poesia.

Il bianco è un colore ricorrente nella tua Poesia. Mi ha molto colpita incontrarlo in diverse tue raccolte. In “Oltre il buio della notte”, nella Poesia intitolata “Farfalla bianca” nell’ultimo verso canti: “Poi saremo solo di bianco/ e di neve”. Il riferimento al colore bianco non credo possa rappresentare solo un caso. Sembra una scelta concettuale che rimanda ad un significato più profondo.  A cosa rimanda il bianco nella tua Poesia?

Il bianco, come lo sguardo di cui ti ho appena parlato, per me è silenzio, così come lo è la neve, che al bianco si collega, nell’immaginario di ognuno di noi. La neve, a cui ho sempre pensato come ad un sudario sulle cose, ma un sudario benevolo, perché ha un tempo in cui attutisce tutto e i rumori e poi si scioglie, mi ha sempre trasferito un’idea di quiete.  Il bianco è per me un rimando ad una forma di pace interiore. Proprio come lo è lo sguardo.

La farfalla bianca che hai ricordato è, per me, simbolo di un’estrema purezza. È libertà che si unisce al silenzio e alla purezza. Libertà, purezza e silenzio. Ecco, il bianco è questo per me. A volte, al bianco attribuisco anche un’accezione di morte, ma non in senso negativo, piuttosto come una parte della vita che bisogna provare ad intendere come un cammino, anche se questa visione è difficile da accettare in modo razionale. Nella vita ci incamminiamo verso la morte che, in qualche modo, sarà ancora vita. Questo è il senso di “bianco”, di “pace”, di “trasformazione” che cerco di dare alla morte, trasformazione che ha inizio in questa vita e procede verso qualcosa che non conosciamo, ma che nessuno può escludere. Non sempre, però, riesco a trattenere questo senso di cui ti parlo. Ho le mie grosse crisi e le mie incertezze, ma la morte, nella mia immaginazione,  me la figuro come una grande nevicata bianca, una farfalla che vola, un grande silenzio e un “mettersi in ascolto”, forse con altri metodi di percezione, diversi dai nostri.

Anche nei tuoi versi ti confronti spesso con la morte, ma non è mai la tua ultima parola. Nella notte di “Dentro tutte le cose c’è amore” c’è un verso che canta: “ogni volta morire, poi rinascere”, ovvero la tua poesia canta un eterno ritorno in cui l’amore, ”solo l’amore azzanna al collo la morte, frantuma e rinasce”, rappresentando una forza attiva e reattiva, liberatrice, affermatrice di vita. A quale morte fa riferimento la tua Poesia? In quanti modi si può morire e poi rinascere?

Questi giorni hanno seguito la morte di Franco Battiato, non solo un grande artista ma, soprattutto, un uomo molto spirituale, e ricordo che proprio lui parlava della morte come di un ciclo, non vedendo vita e morte in contrapposizione, ma unite, in qualche modo. Lui sosteneva che nella vita si attraversano tante piccole morti: quando dall’infanzia entriamo nell’adolescenza perdiamo una parte di noi e ne troviamo un’altra, nuova, e poi, così di seguito, nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta e dall’età adulta alla vecchiaia. Anche semplicemente in queste fasi della vita, che tutti, se abbiamo la fortuna di vivere, attraversiamo, si muore sempre un po’, perché, in fondo, la morte è perdere per sempre qualcosa di noi per andare incontro ad altro che, forse, ci rende se non più preziosi, più consapevoli.

È per questo che parlo spesso di morte e rinascita.

La paura della morte mi accompagna sempre – sarei falso a negarlo! – ma, poiché con la morte mi sono molto confrontato nella mia vita, fin dalla più tenera età, ho imparato a restare saldo in atteggiamenti mentali che mi hanno aiutato ad accettarla e a considerarla un passaggio costruttivo. Attraversiamo tante piccole morti nelle varie fasi della nostra vita, con rinascite successive che sono il preludio a quella che poi sarà la morte finale del corpo, intesa come la fine di un percorso che apre la possibilità di un nuovo inizio, per un’ulteriore definitiva rinascita.  In un certo senso, credo che sarebbe importante riuscire a prepararsi tutta la vita alla morte, ma non è facile! Si vivrebbe meglio, se si tenesse sempre ben presente quanto ho detto perché, chi non ha troppa paura della morte apprezza molto anche la vita, chi, invece, purtroppo, vive nella continua, angosciante paura della morte, non riesce nemmeno a gustare quello che la vita gli offre, sia a livello sensoriale che a livello intellettuale e spirituale.

Nelle tue Poesie racconti anche del “dolore di vivere”, dolore che canti come “un ombrello aperto ferito dalla pioggia” (nella Poesia “Senza di te”, in “Oltre il buio della notte”) “questo girare angoli e trovare ferite” (verso che ritroviamo nella Poesia “Aspettami, poi amami” sempre in “Oltre il buio della notte”). Cosa può la Poesia nei confronti di queste ferite? Cantarle equivale già a guarirle?

Forse un po’ sì, ma non è una cosa che è possibile fare per calcolo, in modo volontario. Deve poter avvenire in modo naturale. Non ci si può imporre: “Adesso scrivo per curare questa ferita”. Ce ne accorgiamo sempre più tardi, nel tempo, quanto ci è servito a guarire, scrivere certe cose.

Ogni ferita che subiamo in questa vita ha bisogno del suo tempo per cicatrizzarsi, ad ogni dolore va lasciato il tempo naturale che richiede per guarire. La poesia aiuta perché il dolore specifico, cantato, diviene un dolore universale, ed è come se venisse esorcizzato, viene quindi lenito.

Tante volte, nella mia vita, mi è capitato di attraversare grossi dolori della cui portata non mi sono subito reso conto, ma poi, ad anni di distanza. Rileggendo i versi scritti in quel periodo, ho compreso quanto sia stato importante per me aver scritto di quelle ferite.

Scrivere consente ad un “io” di diventare un “noi” e, in questo “noi”, ci si sente meglio, ci si sente meno soli. È come un abbraccio.

Quando scrivo qualcosa che riguarda una mia esperienza personale e mi rendo conto che è stata condivisa da altre persone, che ne hanno tratto beneficio al punto da dirmi: “Quel tuo verso, quella tua poesia mi ha fatto bene” non provo solo gratitudine, ma mi sembra un “miracolo”, che mi dà la conferma di quanto ti ho parlato all’inizio, ovvero che quel che si scrive venga da un “altrove” di cui non abbiamo che una coscienza parziale.

Quando è venuta ad abitare la Poesia nella tua vita?

La Poesia è arrivata presto nella mia vita, ma non mi sono reso subito conto che si trattasse di Poesia. Ho sempre scritto molto, fin da bambino, riflessioni, pensieri. Al di là del possibile valore di quello che scrivo, se alla mia età attuale mi guardo indietro, posso dire con certezza che era nel mio destino scrivere. Non ne faccio un discorso di valore assoluto, ma mi riferisco ad una mia indole personale.

Pur amando stare con gli amici, sono stato un ragazzo molto riflessivo ed ho sempre letto molto. Mi è sempre venuto naturale “stare in ascolto”. I miei primi versi, scritti intorno ai 14-15 anni, erano più cupi. La mia poetica si è evoluta anche in una modalità più positiva di visione delle cose e della vita.

Negli anni, ho letto anche tanta narrativa, che ho amato ed amo ancora molto, però il mio linguaggio è la scrittura in versi, che sono come delle fiammate che mi raggiungono e che, poi, vanno certamente rielaborate il più delle volte, però il corpo della Poesia nasce nella sua interezza, nella mia esperienza personale di scrittura. I versi sono un flusso che quando arriva è bruciante.

Ho sempre scritto nella mia vita. Però, per molti anni, anche per motivi lavorativi e familiari, non ho mai pubblicato nulla. Alla pubblicazione sono approdato in età più matura, per il desiderio di raccogliere un po’ dei miei scritti. Mi sono così reso conto di quanto fosse importante per me. Ho dedicato tantissima parte della mia vita a fare altre cose, ma, dopo la prima pubblicazione, ho avvertito quanto fosse importante per me non trascurare più questa modalità di espressione. Ho così deciso di darle spazio e non me ne pento. A prescindere dal valore di quanto ho scritto e scriverò, se non avessi dato spazio a questa parte di me non sarei mai stato pienamente io.

Vorrei concludere questo nostro incontro con una Poesia della tua raccolta “Un uomo tra gli uomini”: “Ho scritto quel che senza voce ho udito / abbracciando vita, corpo e Dio. / Pronto a esplodere, a morire / m’hanno salvato la penna e la poesia.” In questi versi credo sia condensata tutta la tua poetica profonda. In che modo la Poesia ti ha salvato? Di quale salvezza è capace?

La Poesia mi ha salvato perché mi ha permesso di non lasciare inaridire e morire il vero me stesso, che, altrimenti, sarebbe stato soffocato dalla vita quotidiana. Lasciare spazio nella mia vita alla Poesia, mi ha permesso di rendermi conto di come il quotidiano sia una piovra, che avidamente ci sottrae tutte le nostre energie ed il nostro tempo. È davvero importante lasciare spazio anche ad altro nella nostra vita, perché è lì che si annida il vero io, chi siamo veramente. La Poesia salva nel momento in cui ci impedisce di morire dentro, di spegnerci, di diventare quello che non siamo. Questo discorso non è valido solo se riferito alla Poesia, ma a qualsiasi altra forma d’Arte, senza la quale si corre il rischio di morire senza nemmeno aver conosciuto quelle che erano le nostre potenzialità, le doti innate che ognuno di noi ha, ciascuno nel suo campo. Per me la Poesia è stata un’ala, mi ha portato su, seppur di pochi metri, dalla vita che facevo e, adesso, grazie a Lei, posso vederla sotto un altro aspetto e capire quanto tempo ho perso in cose per cui non valeva davvero la pena e quanto sia importante, ora, cercare di rimediare.

Qualche anno fa, ho attraversato una fase di dubbio, di ripensamento sul mio fare poetico e, in quel momento della mia vita, ho incontrato una persona decisamente importante per il mio percorso poetico: il poeta Massimiliano Bardotti. Io credo nel destino e quel nostro incontro doveva avvenire in quel dato momento. La Poesia è una dimensione bellissima, però, anche faticosa e ci sono momenti che diventano incagli difficili da superare; lui mi ha aiutato a farlo, a non arrendermi davanti alle difficoltà che avevo incontrato. Ho seguito i corsi di Poesia che ha tenuto nella sua Scuola, a Castelfiorentino e in zone vicine, e mi sono stati molto utili, non solo per avere maggiore consapevolezza della necessità di porsi in ascolto e imparare a svuotarsi per accogliere la Poesia, ma anche per tutti i poeti che, attraverso la sua Scuola ho potuto conoscere e apprezzare, e che mi hanno permesso di capire l’importanza della condivisione nella dimensione poetica. La Poesia è un atto del singolo, indubbiamente, però si alimenta anche dell’apertura verso chi nutre le stesse aspirazioni, se si ha la fortuna di incontrare persone disponibili al dialogo.

Grazie, Paolo, per la luce delle tue parole. Lascio che sia tu a scegliere come salutarci….

Vorrei salutarvi, leggendovi la Poesia “Accoglimi” che apre “Oltre il buio della notte”. Per riallacciarmi al discorso sull’amore, in questa Poesia faccio riferimento ad un amore terreno, ma anche ad un amore di ispirazione divina.

“Ci riconosceranno le stelle / manto pietoso al nostro passare / avremo ali nuove e voci da ascoltare./  Dentro tutti i nostri voli / sulle pendici dei monti mai scalati / sarà doloroso e raro / il pentimento di non aver vissuto / un moto come onda che freme / turbamento liquido al domani. / Altre mani attendono il ritorno; / avremo un cielo cupo / o forse un nuovo giorno / per dissetar la sete / ma intanto accoglimi / lasciami cantare, d’un albore nuovo / a incenerire il sole.”

Clicca qui per il video dell’ intervista al Poeta Paolo Parrini su youtube https://www.youtube.com/watch?v=7JlYG4E4D9Y&t=261s

Biografia di Paolo Parrini

Paolo Parrini (Vinci, 1964) vive a Castelfiorentino (Fi). Si laurea a Firenze in Scienze Politiche indirizzo storico nel 1992.

Ha pubblicato sette libri di Poesia:

“Di vita, di solitudine e di amore” (Pagine Edizioni, 2015);

“Di luce e d’ombra” (Aletti Editore, 2016);

“Tra la terra e il cielo” (Aletti Editore, 2018);

“Quando cadranno i giorni” (Giuliano Ladolfi Editore, 2019);

“Oltre il buio della notte” (La Vita Felice Edizioni, 2019);

“Un uomo tra gli uomini” (Giuliano Ladolfi Editore, 2020);

“Dentro tutte le cose c’è amore” (Puntoacapo Edizioni, 2021).

“Quando cadranno i giorni” (Giuliano Ladolfi Editore, 2019) ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali la vittoria al Premio Giovanni Pascoli L’ora di Barga 2019, il quarto posto al Premio Internazionale Città di Latina 2019, si è, inoltre, classificato tra i trenta finalisti al Premio Camaiore 2019, il quarto posto al Premio Letterario Città di Grottammare nel 2020.

“Oltre il buio della notte” (La Vita Felice, 2019) si è classificato tra i ventuno finalisti al Premio Camaiore 2020.

“Un uomo tra gli uomini” (Giuliano Ladolfi Editore, 2020) è attualmente tra i sei finalisti al Premio Città di Latina.

Catalogo d’Arte “La carne dell’anima”. 35 opere e 10 poesie inedite di Andrea Bassani. A cura di Gabriella Grande. Terra d’Ulivi Edizioni, 2017

Curatrice del Catalogo: Gabriella Grande

Introduzione: Assessore alle Culture di Bari Dott. Silvio Maselli

Testo critico: Gabriella Grande

Opere e poesie: Andrea Bassani

Elaborazione grafica delle opere: Graphic Designer Dott. Emo Risaliti

Foto dell’artista Andrea Bassani: Ph Daniele Ferroni

Edito da: Terra d’Ulivi Edizioni, 2017

Mostra d’Arte contemporanea “La carne dell’anima” del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani, dal 18 dicembre 2017 al 5 gennaio 2018, Salone degli Affreschi – Palazzo Ateneo, Università degli studi di Bari “Aldo Moro”. Foto del Vernissage e della Conferenza del 18 dicembre 2017.

Con il Patrocinio dell’Università di Bari

Con il patrocinio della Città di Bari

 

Ph: Roberto Pedron (Fotografo ufficiale della Mostra)

 

A cura di:
GABRIELLA GRANDE

SALONE DEGLI AFFRESCHI – PALAZZO ATENEO
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO”
LUNEDÌ 18 DICEMBRE 2017, H 11:00 – 13:00
La Mostra resterà aperta fino al 5 gennaio 2018 e visitabile dal lunedì al venerdì H 10:00-14:00

Saluti:
Dott. Silvio Maselli (Assessore alle Culture, Turismo, Partecipazione e Attuazione del Programma del Comune di Bari)

Interventi:
Prof. Clemente Francavilla (Docente di Teoria della Percezione visiva e Psicologia della Forma, Accademia di Belle Arti, Bari)
Dott. Pio Meledandri (Curatore artistico e Fotografo, già Direttore del Museo della Fotografia del Politecnico di Bari)
Dott. Alessandro Salvatore (Giornalista Professionista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”)

Entrée fotografica:
Ph. Dott. Pio Meledandri 
Fotocinereporter Dott. Roberto Pedron 

IL BUFFET REALIZZATO “A TEMA” È GENTILMENTE OFFERTO DALLA PREGIATA PASTICCERIA MARTINUCCI (P.zza Mercantile n° 80, Bari)

Concept
La scelta di intitolare la mostra “La carne dell’anima” è legata alla poetica e alla visione del mondo di Bassani, che si definisce “un poeta che disegna”:
“La carne dell’anima è un album di ricordi, scene essenziali di alcune tappe del mio viaggio esperienziale alla scoperta di un corpo spirituale che ha saputo esultare e disperarsi a mia insaputa fino a farmene cosciente. Un corpo invisibile, impalpabile ma corpo, non privo di sostanza, che si è innalzato quando credevo di cadere ed è caduto quando pensavo di essere in piedi. Un corpo, una carne sottile ma non per questo impercettibile, sorprendente […]. È una carne quella dell’anima che si fa pratica d’amore e vita concreta […] La carne dell’anima chiede il coraggio della passione e la consapevolezza di essere altro.” (Andrea Bassani)

CATALOGO DELLA MOSTRA

a cura di Gabriella Grande

Introduzione: Assessore alle Culture di Bari  Dott. Silvio Maselli

Lettura critica delle opere: Gabriella Grande

Elaborazione grafica delle opere: Graphic designer Dott. Emo Risaliti

Foto di Andrea Bassani: Ph: Daniele Ferroni

Edito da: Terra d’Ulivi Edizioni, 2017

 

 

Aspettando la Mostra/Conferenza “La carne dell’anima” del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani

MOSTRA/CONFERENZA  D’ARTE CONTEMPORANEA

“LA CARNE DELL’ANIMA”

PERSONALE DEL POETA E DISEGNATORE BERGAMASCO

ANDREA BASSANI

Con il Patrocinio dell’Università di Bari

Con il Patrocinio del Comune di Bari

 

Lunedì, 18 dicembre 2017, alle ore 11:00, nella prestigiosa cornice del Salone degli Affreschi del Palazzo Ateneo dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, con il Patrocinio dell’Università di Bari e con il Patrocinio della Città di Bari, si aprirà il Vernissage della Mostra/Conferenza “La carne dell’anima” del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani, noto a livello europeo e catalogato nella Bpi del Centro Pompidou di Parigi e che sarà presente durante la Conferenza in contatto skype.

La scelta di intitolare la mostra “La carne dell’anima” è legata alla poetica e  alla visione del mondo di Bassani, che si definisce “un poeta che disegna”:

“La carne dell’anima è un album di ricordi, scene essenziali di alcune tappe del mio viaggio esperienziale alla scoperta di un corpo spirituale che ha saputo esultare e disperarsi a mia insaputa fino a farmene cosciente. Un corpo invisibile, impalpabile ma corpo, non privo di sostanza, che si è innalzato quando credevo di cadere ed è caduto quando pensavo di essere in piedi. Un corpo, una carne sottile ma non per questo impercettibile, sorprendente […]. È una carne quella dell’anima che si fa pratica d’amore e vita concreta […] La carne dell’anima chiede il coraggio della passione e la consapevolezza di essere altro.” (Andrea Bassani) Continua a leggere Aspettando la Mostra/Conferenza “La carne dell’anima” del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani

CON L’OPERA NON SI BARA. LA DIGNITÀ NELL’ARTE COME NELLA VITA

Conversazione con GIAN RUGGERO MANZONI

(poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer)

 

  1. Uno dei Suoi libri a me più cari è “Il dolore” 1. Ne ho attraversato le pagine come si attraversano le grandi cattedrali vuote nel tardo pomeriggio, in punta di piedi, per non interrompere il silenzio nel quale scorrevano le Sue parole e il Suo rapporto con la figura di Suo padre. E tutto questo è arrivato a me, lettore, come qualcosa di sacro, da maneggiare con cura. Che cosa è veramente  sacro per Lei?

In primo luogo la vita. Sì, la vita è sacra e, come compimento della vita, lo è anche la FOTO IN EVIDENZAmorte. Sono convintissimo che il grado di civiltà e di elevazione di un popolo lo si deduca dal suo modo di confrontarsi con la morte, con questo passaggio. Sacra è anche la poesia, la scrittura, sacra è l’opera per se stessa. Noi siamo chiamati a santificare la nostra vita, e in questa nostra esistenza c’è il lavoro, c’è l’opera che io vivo ed ho sempre vissuto come una dimensione sacra. Questo pensiero è molto vicino ai mistici ebraici, per i quali si glorifica Dio, la divinità anche tramite il lavoro che si fa. Se tu sei un calzolaio devi essere il miglior calzolaio perché è nel tuo fare che non solo glorifichi la vita e il tuo essere, ma anche  la divinità, il tuo Creatore. Ma se si vuole evitare di parlare di divinità, il glorificare la propria vita  e rispondere alla chiamata a certe dimensioni dell’essere, è già un essere nel sacro. Ogni gesto, ogni parola ha la sua dimensione altamente liturgica, per cui la vita stessa diventa una dimensione sacrale. Questo l’ho imparato negli anni. Tutto, dai gesti della vita di ogni giorno, al lavoro che compi, all’amore per il tuo o la tua partner, fino ad arrivare addirittura al gesto amoroso, all’amplesso –  che ha una sua sacralità se è vissuto nella giusta maniera –  tutto io penso che dipenda da questo: dal senso di sacro e dal valore sacro che tu attribuisci a questa tua dimensione terrena.

  1. Sempre nel Suo libro “Il dolore”, in un verso fa riferimento al vuoto: “Con il fango si modella il vaso, e l’impiego del vaso sta nel suo vuoto”…L’impiego del vaso sta nel suo vuoto, proprio in quel vuoto che ci fa tanta paura! I Suoi versi mi hanno richiamato alla memoria Heidegger che, nel suo saggio “La cosa”, affronta lo stesso passaggio,  così come lo fa la tradizione taoista, nel testo “Tao Te Ching” in particolare. La parola vuoto poi, in un verso di “Tutto il calore del mondo” 2  Lei la cesella, tra due punti, uno all’inizio ed uno alla fine della parole, quasi a contenerlo: ”La talpa. Il vuoto. La Bestia”.  Ma al vuoto Lei non fa riferimento solo nella Sua espressione scritta, ma anche in quella pittorica, perché nelle Sue opere io riscontro un‘ alternanza di pieni costruiti con il colore  e di vuoti, se non di forme,  di spazi. Che cosa rappresenta il vuoto per Lei? Come artista, in che modo si confronta o si scontra con il vuoto,  in tutte le sue manifestazioni?

17457670_10212587748750936_622643375654266701_nPer ritornare al discorso che si faceva prima, questo vuoto va riempito. È  in questo gioco tra vuoti e pieni che si svolge la nostra vita e ne prende forma. Il vuoto non è il nulla del nichilismo, il vuoto è componente fondamentale al fine di dare una dimensione e una direttiva al nostro essere. Si nasce vuoti,  ingenui, puri, privi di qualsiasi struttura o sovrastruttura, si ha solo la dimensione genetica che ci hanno trasmesso i nostri genitori, però,  intellettualmente parlando, si è ancora vuoti, e solo in seguito apprendiamo, via via ci viene insegnato e capiamo. Io penso che il vuoto sia il percorso; il vuoto è il cammino dell’intera vita, e credo che si muoia quando il vaso è colmo, ovvero quando si è  arrivati al massimo grado di consapevolezza. Ciò potrebbe sembrare paradossale, iperbolico se riferito alla morte di un bimbo, eppure sono convintissimo che un bimbo muoia perché in quell’età aveva già raggiunto la massima pienezza. Io penso che si muoia nel momento in cui si raggiunge la massima consapevolezza della vita, che può essere racchiusa  anche in un sorriso, in un sorriso di un bambino appunto. Probabilmente quel bambino aveva capito molto più di noi che viviamo invece per 70, 80, 90 anni. Ecco, quanto ho descritto è il vuoto per me, il vuoto a cui siamo chiamati al fine di riempirlo. Infatti, nella metafora che hai citato nella mia poesia, si evidenzia come stia proprio nel vuoto il valore del vaso, perché è in quel vuoto che il vaso assume un compito come contenitore. Noi siamo dei contenitori fondamentalmente, il nostro corpo contiene, e siamo a nostra volta contenuti. Possiamo definirlo un bellissimo “gioco” tra vasi comunicanti, per cui noi assorbiamo il sapere, ma, nello stesso tempo, diamo sapere, cognizione e conoscenza di ciò che ci circonda; riempiamo e, contemporaneamente, ci riempiamo. Questo è il vuoto. È fondamentale il suo valore, perché ci consente di dare lettura alla condizione e alla dimensione in cui noi stiamo vivendo.

  1. Mi tengo ancora agganciata a quel vuoto per chiederLe prima di tutto se è stato necessario fare vuoto dentro di Sé per affrontare la traduzione dell’Esodo 3 e della Genesi dal greco antico e cosa Le ha rivelato di Gian Ruggero Manzoni la traduzione? Perché, in fondo, tradurre significa anche accettare di essere “tradotti” dal testo. In un modo del tutto inaspettato, la traduzione può diventare anche un’occasione di incontro con se stessi, a volte. È stato così anche per Lei?

Certamente! Soprattutto quando ti parametri con il Testo Sacro per antonomasia ed, in4aggiungi particolare,  con una delle componenti del Pentateuco. Ho iniziato con la traduzione dell’ Esodo perché lo considero un libro fantastico e perché mi ha sempre affascinato la figura dell’ebreo errante. Io ho amato moltissimo nella mia vita un poeta che considero grandissimo: Edmond Jabès. Mi è sempre piaciuta la figura dell’errante che poi  errante non è. È errante su questo pianeta per conoscere, per vedere, per incontrare, ma non lo è dal punto di vista della Fede,  del sapere o della consapevolezza di sé. Nell’Esodo mi sono ritrovato in alcune figure portanti, ma non in quella di Mosè, non mi sento e non mi sono mai sentito una guida di tale spessore, di tale grandezza! Mi sono ritrovato, invece, in certi personaggi apparentemente marginali, come Aronne e Giosuè. In Giosuè ho ritrovato tante parti di me stesso! La grandezza della Bibbia, del nostro Libro Sacro è questa: l’interscambiabilità, la possibilità di mutare il rapporto con la stessa, “entrando” nei vari personaggi,  fino ad arrivare, nel Nuovo Testamento, e diventare un tutt’uno con il Cristo stesso. Passare alla traduzione della Genesi – che spero di pubblicare a breve –  dopo l’Esodo era inevitabile! O si passava alla Genesi oppure sarei dovuto saltare all’Apocalisse, e non è detto che non  lo faccia! La Genesi mi interessava non tanto per la dimensione della Creazione quanto per un momento in particolare: la costruzione della Torre di Babele 4, la mutazione nei vari esseri viventi del linguaggio, e la conseguente incapacità degli uomini di riuscire a relazionarsi quale punizione divina. È la superbia umana che ci divide! Se Dio nella Bibbia conferisce ad Abramo la capacità di dare il nome a tutto ciò che lo circonda, ovvero dà la possibilità all’uomo di chiamare il suo spazio, di chiamare il suo luogo, di chiamare gli elementi che compongono il suo stato e di chiamarsi, ecco che con la Torre di Babele tutto crolla. Prima della Torre di Babele ci si capiva tutti, dopo non ci si capiva più. Penso che nella Genesi sia interessante proprio questa contrapposizione tra la nascita e il divenire del nostro essere,  e l’incapacità di poter trasmettersi l’un l’altro questo nostro bagaglio, questa nostra testimonianza di percorso. Questo mi ha appassionato particolarmente e penso che possa e debba interessare a tutti coloro che si avvicinano alla parola. Credo sia fondamentale la conoscenza e l’approfondimento dei tanti idiomi, dialetti, vernacoli che popolano il mondo. Mi ha sempre stimolato conoscere qual è il diverso modo di chiamare le componenti fondamentali del nostro essere. Per esempio, ho riflettuto lungamente sul nostro dialetto romagnolo, che ci ha dato e sta dando dei grandissimi poeti: Raffaello Baldini, Tonino Guerra, Giuseppe Bellosi, Giovanni Nadiani scomparso di recente e Nevio Spadoni. Nel nostro dialetto romagnolo la parola “amore” ben poco viene usata,  preferendo il “ti voglio bene” al “ti amo”. La parola amore, invece, viene più adoperata per indicare il sapore, “amòr” (sapore=amòr). È  molto interessante scoprire come una parola che in italiano  esprime  il sentimento più alto, nel dialetto romagnolo non venga pronunciata per pudore (perché l’amore, per i nostri vecchi che parlavano in dialetto, era considerato un assoluto che, probabilmente, si rivolgeva esclusivamente agli assoluti appunto, e nella vita era troppo dire ti amo, e l’amore si esprimeva verbalmente con un “ti voglio bene”) e venga invece  usata per indicare il sapore. “Ha un buon amòr” ovvero “ha un buon sapore”. È bello questo! Io penso che nella Genesi la questione inerente la Torre di Babele e la mutazione del linguaggio, per quanto sia stata sconcertante, ha fatto sì che noi potessimo maggiormente indagare sulla nostra lingua, sulla lingua dei nostri padri  e, contemporaneamente, sulla lingua altrui. Per cui anche quella che sarebbe dovuta essere una punizione divina, è diventata un’occasione “misericordiosa” perché ci ha concesso poi –  per chi lo coglie ovviamente – un altro piacere. In questo, fondamentalmente, risiede il senso del tradurre sia l’Esodo che la Genesi da una lingua morta come il greco antico, così come dall’aramaico e dall’ebraico antico (diverso da quello moderno): prendere coscienza e stupirsi di vedere come una stessa immagine sia stata espressa in greco, in ebraico, in aramaico. Il grande piacere della traduzione e il suo senso profondo risiedono soprattutto nel rapporto con la lingua, con il suono, con il nostro suono, con la nostra voce;  ti viene affidato un testo e tu devi cercare di tradurlo al meglio nella tua lingua, dopo averlo compreso.

 

  1. In principio erat Verbum. In principio fu la parola, un suono credo, e la sua vibrazione di fondo. Credo che anche all’origine della creazione di un’opera d’arte ci sia una vibrazione, un suono interiore. Cedo allora alla tentazione di rivolgerLe la domanda che Jak Gambardella nel film “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino pone all’artista performer Talia Concept,  senza purtroppo ottenere risposta. Cos’è per Lei una vibrazione?

4okLa mia è la generazione delle “Good vibrations”, delle “buone vibrazioni”. Sono nato nel ’57 e in quegli anni l’espressione “buone vibrazioni” veniva usata spesso, ma era una metafora per stimolare alla ricerca del raggiungimento di un’armonia interiore e al tentativo di trasmettere e ricevere armonia dagli altri.

Ma in riferimento  al suono, entrando più propriamente nella questione della scrittura e dell’oralità,  io penso che la buona vibrazione ci venga data dalla giusta  modulazione della nostra stessa voce, dalla capacità di saper leggere e  dalla capacità di “vivere” la vibrazione. Questo è molto importante anche per il poeta! Non sono molti i poeti capaci di recitarsi, però anche questo, a mio avviso, dovrebbe far parte del loro bagaglio, perché non dimentichiamo  che il poeta è nato con una cetra in mano, cantando quello che aveva scritto e che aveva immagazzinato da altri prima di lui. Pensiamo alle canzoni di gesta, provenzali, e al rapporto diretto tra la parola orale, la parola scritta e la musicalità. La buona vibrazione è data dalla capacità di trovare in se stessi il giusto tono e, di conseguenza, anche la giusta armonia, riuscendo così a trasmetterla anche esternamente. Anche le “buone parole” sono  buone vibrazioni.

Ritornando, poi,  alla prima domanda sul sacro, quando sei  in grado di cogliere la vibrazione tu vivi  una sacralità. La vibrazione, flow, è il flusso che ti arriva dall’esterno e che tu emani di tuo verso l’esterno. La vita stessa è una questione di flussi,  e ritorniamo al discorso  del  vuoto e del pieno. Per questo motivo ho detto prima che esiste una sacralità anche nel congiungimento carnale, perché è uno scambio di flussi, di energie, di vibrazioni. La vibrazione è quel tremito, quella dimensione archetipica molto vicina all’origine che ti appartiene e che, allo stesso tempo, è parte del grande suono che è l’Universo. Ora sappiamo che non esiste silenzio nell’Universo, ma tutto ha un suono, gli stessi pianeti  che ruotano hanno un suono. Noi siamo circondati dal suono. Io penso che quando si nasca si abbia come patrimonio anche questo suono, e riconoscere il proprio suono e  il suono dell’altro è fondamentale per poter vivere in armonia. Viviamo in un mondo sempre più caotico in cui la parola viene usata molto male, spesso con grande volgarità ed urlata e, di conseguenza,  manca in essa la giusta vibrazione. Mi riallaccio al discorso sulla liturgia fatto in precedenza perché penso sia fondamentale e “ liturgico” usare la parola con la giusta intonazione e quindi con la giusta vibrazione. Quanto è importante sviluppare la grande capacità di entrare in sintonia completa con il tuo suono, cioè quello che dell’Universo hai in te! Ricordo un’azione artistica, al Beaubourg di Parigi, di un artista francese che aveva riportato esclusivamente il suono del nostro pianeta Terra, registrato da satellite. È  un suono verso la e, è un eeee  all’infinito. Quando entrai nel Beaubourg  subito pensai che in quel eeeee, in quel suono c’ero anch’io, ci siamo tutti. Siamo nel suono del nostro pianeta, ne facciamo parte, ma, contemporaneamente,  siamo anche nel suono della totalità,  perché sono convintissimo che l’uomo abbia in sé il germe totale dell’origine, sta a noi scoprirlo.

  1. Di uno dei Suoi reading poetici presenti su YouTube, dal titolo “Il lento movimento dei ghiacci”5 ho trattenuto un verso: “L’estasi non la si può rubare all’altro. Ognuno l’ha di suo, al pari della strada che l’ha generata”. La strada che genera l’estasi nell’arte, attraversa spesso la terra del dolore. Lei è stato visitato tanto dal dolore nella Sua vita (mi riferisco anche all’esperienza di guerra). In che rapporto, secondo Lei, si pongono le ferite della vita e l’esperienza dell’estasi?

Entriamo in un campo molto delicato, profondissimo, basilare, fondamentale per la 2oknostra esistenza. La nostra esistenza è spesso dolorosa, è quasi totalmente dolorosa, ma non scopro nulla di nuovo. Considero doloroso anche quando un uomo se ne sta mani in mano. Il non fare nulla, lo stare al mondo, essere vivo e non fare è, forse, il dolore più intenso che l’uomo  possa esprimere.

L’esperienza del dolore è sicuramente  un passaggio fondamentale della vita, fa sì che tu poi riesca a cogliere l’importanza di ogni attimo della tua esistenza e di  quello che veniva definito “il senso di morte” che non è il male di vivere, la depressione, non è la malinconia, ma il sapere che si nasce per morire, e che già nel momento del concepimento, siamo in viaggio verso la morte. Questo è il dolore profondo dell’uomo: sapere che, pur essendo verbo incarnato, parola, suono, vibrazione incarnata, un giorno terminerà, finirà, e il rapporto continuo con questa componente diventa estatico. Ecco, l’estasi è questa capacità, che definirei “eroica”,  di riuscire a continuare a vivere pur sapendo che comunque ci aspetterà la morte. Vivere facendo, dando senso, spessore e  dimensione fideistica a questo tratto di strada che ci vede in questa dimensione, con la consapevolezza che passeremo momenti di grande dolore e che finiremo. Questa è l’estasi.

Poi si arriva all’estasi dei santi, dei mistici, nei quali lo stato contemplativo non è da confondere con lo stare mani in mano, perché non si tratta assolutamente di uno stato passivo, ma di uno stato attivo, perché nella contemplazione, come nella meditazione,  c’è compenetrazione, per cui si è  in movimento, non in stasi. I mistici raggiungono le somme vette dell’estasi  – ma lì arriviamo nei massimi sistemi, lì arriviamo ai sommi – per noi invece, nella nostra semplicità, nella nostra umanità e quotidianità, l’estasi è la capacità di  riuscire a cogliere la bellezza e il senso profondo di questa esistenza  molto dolorosa, nonostante si assista sempre più spesso  a quale grado di bestialità può ridursi l’uomo nei confronti di un altro uomo.

Per tornare al nostro discorso artistico-creativo, difficilmente si riesce a trasformare l’estasi in parola scritta o in un segno. Forse in pittura si ha qualche possibilità in più che nella scrittura, anche se questo si rivela comunque molto difficile, come peraltro è impossibile fermare totalmente in arte  i sentimenti e le emozioni che si vivono. Anche questo fa soffrire, è un ulteriore dolore che ci costringe a fare i conti con il nostro limite e a tentare di trasformarlo in qualcosa di prezioso,  perché anche questo nostro limite ha in sé una componente estasiante (strettamente legata a estetico, estasi-estetico) per cui c’è il bello oltre il dolore. Il dolore ti fa cogliere il bello: questa è l’estasi. Anche in questo la figura del Cristo insegna. Nella componente massima del martirio e della macerazione della carne c’è bellezza oltre il dolore, una bellezza ed una grandezza sconcertanti. È logico che delle ferite e del dolore della vita si farebbe molto volentieri a meno, ma è fondamentale cercare di  dare un senso profondo anche al dolore.

  1. Che valore dà all’attesa? E nell’arte, quanto è importante saper aspettare per il pittore e quanto lo è da critico d’arte, invece, quando si pone in relazione con un’opera?

1okCome ho già detto prima, la vita stessa è un’attesa, siamo qui tutti in attesa dell’evento finale. I vari discorsi che stiamo affrontando sono collegati. L’attesa esiste ed è il momento in cui tu aspetti che la tua vibrazione interiore, il tuo flusso interiore, la tua energia interiore si ricongiunga con l’energia dell’intero o, per chi è credente, del divino. Quello è il momento massimo della creatività che può essere poi testimoniato su carta, su tela, a livello teatrale, cinematografico, soprattutto musicale, ma può anche non essere testimoniato. Però esiste, ed io confido che esista in tutti gli uomini, anche in quelli che non si propongono dal punto di vista creativo ed artistico. In tutti gli uomini questa attesa è l’attesa del superamento di una condizione, quella umana, per entrare in un’altra condizione quasi metafisica, metaempirica. È quella dimensione che non ha né spazio né luogo, che non ha componente entropica,  non è governata dal  caos, bensì è la dimensione dell’essere completo. L’attesa è  attendere questa dimensione.

Lo stesso accade quando tu vieni a contatto con un’opera d’arte o anche quando vieni a contatto  con un’altra persona, con un oggetto, con la tua penna stilografica, addirittura con la tua automobile. Lo sperimenti tutte le volte che entri in relazione con qualcuno o qualcosa e cogli l’essere completo di ciò che stai fruendo. Ho citato ad esempio l’ automobile. C’è chi vede un’automobile solo come un ammasso di ferro in cui c’è dentro un motore, però l’automobile è, in realtà, una proiezione dell’uomo, così come lo è il computer. Quando salgo nella mia automobile non vedo solo un ammasso di ferro, vedo un cuore che batte e che sono i pistoni, vedo  tubature che sono le vene, vedo un essere. È fondamentale saper cogliere l’essere e il fare umano in tutto ciò che ci circonda. L’attesa è quel momento in cui tu entri nella stessa lunghezza d’onda di ciò che hai davanti. E così siamo ritornati al suono, alla vibrazione, a tutto ciò che si è detto finora. Quando entro nella mia auto vedo anche l’operaio che l’ha costruita, vedo  l’operaio che,  prima di aver dato il volante a quello che l’ha assemblato, ha dato vita a questo volante, vedo il primo della filiera che ha dato filettatura alla vite. Nella capacità di ampliamento, nella visione a 360° di un’opera (quadro, scrittura, musica) o del lavoro altrui con cui entriamo in relazione, risiede il senso profondo. Mi sento romantico anche quando parlo di tecnologia  perché il romanticismo è quello struggimento che ti prende quando riesci a cogliere “il tutto” e ad entrare in rapporto anche con l’operato umano – perché anche quello fa parte di noi – diversamente dai  primi romantici il cui  rapporto era con la natura, con tutto ciò che li circondava e di cui facevano parte. L’attesa è il mettere a fuoco la conoscenza, per cui l’attesa è uno stato di coscienza, di  consapevolezza. L’attesa è il momento in cui tu sei consapevole, e l’oggetto o l’altro fuori da te, è a sua volta consapevole e ti emana, ti riflette una sua consapevolezza. Mio nonno aveva una vecchia bilancia a due piatti sorretti da due asticelle che misuravano il peso dell’uno e dell’altro piatto. Quando le due asticelle erano allineate voleva dire che su ambedue i piatti c’era lo stesso peso. Ecco,  quando le due asticelle della bilancia sono a contatto e sulla stessa lunghezza, quello è il momento in cui dall’attesa tu passi alla dimensione attiva, e l’evento si è creato.

  1. È stato chiamato alle armi ormai molti anni fa, e poi la vita Lo ha chiamato all’arte…Quanto Le costa questa chiamata all’arte come artista? E da critico d’arte, quanto si deve essere grati al fiat dell’artista?

5OKIo ho sempre detto, e continuo a sostenerlo, che la capacità di esprimersi creativamente, artisticamente è innata. Il talento o ce l’hai o non ce l’hai. Che poi si possa essere artisti o poeti di vita anche senza scrivere una poesia e che si possa essere pittori anche senza dipingere,  questo l’ho ribadito anche prima, ma la capacità di riuscire a trasformare in opera non si impara, ce l’hai di natura. Il quid famoso c’è o non c’è.  Sono convintissimo di quello che diceva Baudelaire, ovvero  che per 23 ore e 59 minuti si è tra virgolette “degli ebeti” e poi c’è quel minuto nella giornata in cui si scatena il tutto, nella persona che ha quel quid. La chiamata all’arte diventa da un lato esaltante, perché si pone tutta la propria vita al servizio di quel quid, di quella componente innata, però, nello stesso tempo, può diventare dolorosa per il motivo a cui ho accennato prima, ovvero per la nostra incapacità quali esseri umani, quali esseri imperfetti di riuscire a rendere, tramite un linguaggio,  quello che sentiamo. Io penso che la massima forma d’arte e il massimo grado di esplicazione di quello che uno sente dimori  in una carezza, in un bacio, in un palpito, in un leggero sfregamento tra essere ed essere, tra te ed un albero, tra te e il tuo cane, perché in quel caso non hai bisogno del linguaggio. Ecco perché è tanto importante il corpo!  Non rendiamola demoniaca questa materia, perché ci permette di supplire alle tantissime impossibilità del linguaggio. La nostra completezza, seppure nell’imperfezione, è proprio in questa unione anima-spirito-mente e contemporaneamente corpo. Forse è in questa unione che si riesce veramente a cogliere quel momento estatico (e ritorniamo ancora all’estasi). Il dolore, come ho detto e voglio ripeterlo, è nella consapevolezza che non si riuscirà mai ad esprimere fino in fondo ciò che veramente si sente. Lì ci viene in aiuto il corpo: gli occhi, uno sguardo, un sorriso, una lacrima. Forse lì abbiamo il compimento e il pieno di quel vuoto di cui si parlava prima. Questo è il senso profondo dell’essere in arte.

L’essere in arte vuol dire cogliere il tutto o tentare di cogliere il tutto, per poi riuscire, bene che vada, ad esprimerne un decimo, e questo è il dolore per ciò che senti e che non riesci ad esprimere, anche se hai tutte le parole del mondo dalla tua parte, anche se hai tutta la  capacità nella mano per tracciare un segno, un profilo, anche se hai l’orecchio assoluto se sei un musicista. L’incapacità di arrivare a definire il tutto, questo è il massimo dolore. Ma, come dicevo prima, in questa consapevolezza c’è anche la nostra massima forza! Questa consapevolezza è anche la bellezza, l’estasi di cui ho parlato prima, la dimensione estetica e, sotto tanti punti di vista, anche etica perché nella conoscenza dei nostri limiti si entra anche in una dimensione etica e si riesce a dare un valore e un senso morale al nostro essere, alla nostra vita e alla vita in generale. Lo stoicismo viveva di questo, ed io ho sempre amato gli stoici e in fondo mi sento uno stoico per questo. Penso che l’arte sia un continuo inseguimento di una perfezione che non raggiungeremo mai, ma forse questo è il senso profondo della vita e dell’uomo e non solo dell’arte, cioè sapere che non si arriverà mai alla meta e si continuerà sempre invece a ricercarla.

Tu sai benissimo che come essere umano non potrai toccare l’Assoluto e il sapere chi sei, perché sei qui e dove si andrà, potrai solo sfiorarlo. Potrai averne parvenza per un attimo, ma per un attimo impercettibile. E lo stesso accade con la Verità: sai dov’è la Verità, la senti, la cogli, però poi questa ti sfugge. È una continua ricerca per raggiungere quell’attimo. Il famoso Aleph di Borges, la visione totale. Ecco, l’artista sa questo, mette in atto il suo talento per tentare di far sì che appaia l’Aleph, che appaia la visione del tutto anche solo per un attimo, anche solo per un secondo. È quasi alchemica la cosa! Anche solo quel secondo compensa l’intera vita. Non si sfugge da questo! Quel secondo ti ripaga di tutto, della tua ricerca, del tuo studio, della tua applicazione…Ti ripaga di tutto.

  1. Vorrei concludere rivolgendoLe la domanda che Cezanne fece a Vollard pochi anni prima di morire: “Non è forse l’arte una forma di sacerdozio, che richiede al puro di cuore una consacrazione totale?”

Certo! Diventa una missione di vita, diventa un’abnegazione, un darsi totalmente. Per8C OK Ph. Matteo Bosi anni e anni,  se io passavo una giornata senza aver affrontato la tela bianca o il foglio bianco, anche solo per fermare una parola con la mia penna stilografica (io ho sempre amato scrivere con la penna stilografica! Poi mi sono dovuto adeguare alla macchina da scrivere, e adesso al computer, però la piacevolezza della penna stilografica resta sempre. Chiamatemi passatista, ma io amo ancora l’inchiostro che va a segnare, a tratteggiare, a fermare, a vergare!) stavo male, ma non perché avevo questa necessità di esprimermi, ma perché mi sentivo in colpa nei confronti di ciò che mi era stato donato. La capacità di esprimersi creativamente, artisticamente, è un dono, è un grande dono come lo è per un buon falegname riuscire a fare dei bei mobili, per un muratore riuscire a  costruire delle case e via discorrendo. Per essere sincero anche adesso, che ho 60 anni, se passo un giorno così, a pescare ad esempio, anche se sono consapevole che quel momento mi serve per accumulare  energie, sensazioni, pensieri, visioni che poi confido prenderanno forma, in seguito, o sulla carta o su tela o su altro ancora, avverto ancora quel senso di colpa! Se io dicessi che non ho mai avuto timore di affrontare il foglio bianco o la tela mi si potrebbe prendere per matto, ma è così! Io non ho mai avuto paura, anzi! Era lì che iniziava la mia vita! Era lì che io iniziavo a sentirmi al mondo e ancora adesso è lì che inizio a sentirmi al mondo, ed è per questo che quando non facevo e non ho fatto mi sono sempre sentito in colpa nei confronti della mia vita, del tempo che mi è stato dato e di quello che sarà in questa dimensione. Ecco, questo è il senso del sacerdozio. Nell’arte si è sacerdoti 24 ore al giorno. Se sei chiamato a questo non puoi rinnegarlo, è un atto blasfemo. Io ho avuto amici che purtroppo, pur con grandi talenti, hanno deciso, a un certo punto, di smettere, perché il fare arte li distruggeva. Può anche distruggere fare arte! Proietti talmente tante energie che può anche distruggerti. Bisogna stare molto attenti! Bisogna saper diluire le forze, perché hai a che fare con l’opera, col palpito… è vita, bisogna curarla e curare te stesso mentre pratichi, perché ci si può rimanere dentro, ci si può morire e tanti sono morti di arte in questo rapporto con l’espressione, con la creatività.

Sì, si è sacerdoti nell’arte. È per questo che dicevo che ogni gesto, ogni parola, ogni incontro assume poi una sacralità. È fondamentale questo. Se non ci poniamo come esempi, e il sacerdote si deve porre come tale (veste una divisa), questo mondo è in grave pericolo! Se si perde questa sacralità legata all’opera, al lavoro, allo spirito che lo anima – e non mi riferisco solo a noi che facciamo arte, ma anche agli altri, anche all’impiegato che lavora 8 ore ad una scrivania – siamo finiti, e l’Occidente sta rischiando moltissimo da questo punto di vista! C’è un involgarimento e c’è anche tanta gente che si inventa creativa senza esserlo. Ormai si è arrivati al punto che tutti vogliono stampare il loro libro, tutti vogliono fare la loro mostra di pittura e va benissimo! È giusto che la gente si esprima, ma attenzione! Da qui ad essere sacerdoti ce n’è ancora. Innanzitutto devi avere una Fede forte, mentre molti confondono la ricerca di identità o l’ego come Fede. E no! Non ci siamo! Che l’artista sia anche molto spesso un egocentrico fa parte dell’iter della creatività, ma deve essere un ego poi motivato e sostenuto dall’opera, diverso da questo debordante bisogno di protagonismo dilagante che  rivela una società che sta perdendo il senso del sacro.

In una società in cui il sacro è dominante, invece, ognuno dà il giusto valore sia a se stesso che all’altro. Per cui tu sarai bravo a fare l’idraulico ed io sarò bravo a  scrivere una poesia, ma non è che io sia migliore dell’idraulico o lui è migliore di me, però si riconoscono i ruoli. Viviamo in un mondo in cui i ruoli non esistono più e, di conseguenza, non esiste più neanche l’autorevolezza del ruolo. Il sacerdozio implica un’autorevolezza. In questo sono molto vicino a Savonarola, sono molto etico. Se ti poni in una maniera, devi essere coerente. È questo che manca in chi si improvvisa. È giusto dipingere, però non confondiamo quello che è hobby o diletto, con quello che è lavoro, con quello che è opera, cioè ricerca continua, tentativo di svelamento, tentativo di raggiungere quella perfezione che si sa mai raggiungeremo, ma che è comunque il nostro compito come esseri umani. Infatti si scoprirà probabilmente che cos’è l’Universo, cosa siamo noi in questo Universo, però probabilmente si apriranno anche porte per altri Universi. Se non si ha questa visione dell’infinitudine e degli assoluti che implica questa infinitudine –  perché in questa ricerca non si va avanti a random! – non si può essere sacerdoti! È  inconcepibile che ci siano migliaia di poeti in Italia che stampano un libro e non leggono i libri degli altri. Io dico sempre che se tutti quelli che scrivono, comprassero un libro di un altro, finirebbero i problemi editoriali, ma tutti scrivono e nessuno legge. Ma prima di scrivere bisogna leggere! È inutile che ci si inventi. Non si può scrivere, dipingere, scolpire non interessandosi  minimamente di ciò che è stato scritto o di ciò che si sta scrivendo, dipingendo o scolpendo. Ci si deve rendere conto di far parte di una catena, come lo è lo scienziato, e si deve avere il giusto rispetto nei confronti di questo, ben sapendo che dopo di noi verranno altri che tenteranno di dire l’indicibile.

Non esiste più nemmeno la critica, oggi si fa della cronaca! Si raccontano le mostre, si racconta ciò che uno ha dipinto, ma non si entra in ciò che quell’artista ha dipinto. E la stessa cosa si fa per i libri, si fa della cronaca dei libri, dei romanzi si parla della trama così come lo si fa dei film, ma non si cerca di dire qualcosa in più. Sono rimasti pochissimi i veri critici. Anche quello è un ruolo fondamentale che sta venendo a mancare. Più nessuno è in grado di fare critica, oppure i creativi stessi si pongono come critici e, tante volte, questo non è un bene, perché ci dovrebbe essere una critica neutra, una critica esterna al mondo della creatività, una critica che ti sa leggere senza coinvolgimento diretto del proprio ego. La mancanza dei ruoli genera il caos, la piena confusione: troppi mercanti dentro al Tempio! E questo è un grosso rischio se non già una spia, un segnale che, forse, la nostra civiltà, la nostra realtà di ordine culturale, civile, artistico, storico, filosofico stia per  arrivare ad un capolinea e che quello che avevamo da dire lo abbiamo già detto. Saranno poi altri in avanzata che diranno.

Bisogna stare molto attenti! Quel sacerdozio di cui ho parlato implica una riflessione continua, un’analisi continua, un continuo “essere sul pezzo”.

Stai sul pezzo, stai lì! Non ci si può distrarre!

Anche adesso tra me e te stiamo facendo arte e non ci stiamo distraendo e il nostro dialogo diventa una creazione, è un’opera. Questa è opera, in due stiamo dicendo Messa, potremmo essere in dieci, potremmo essere in cento. È importante dare il senso profondo all’opera, altrimenti si rischia il caos. Il sacerdozio nell’arte si misura con la durata, con l’abnegazione, si misura con quello che sei riuscito a fare in vita, ma attenzione! a esprimere con le tue forze e non perché avevi dei padrini, amici o amici degli amici, perché un’altra componente fondamentale è che con l’opera non si bara! Non puoi barare! Se il bluff c’è, prima o poi viene fuori. È un assoluto. Un prete  non può  credere in Dio a corrente alternata! Potrà eventualmente porsi delle domande, ma queste domande non devono mai scalfire la Fede. Dal punto di vista artistico, non ho paura di dirlo, io sono un integralista, un fondamentalista; non si può essere diversamente e, mai come in questo momento storico, bisogna essere inflessibili, rigorosissimi anche con se stessi, partendo da se stessi.

Con l’opera non si bara e mai è consolatoria l’arte! Entriamo nella dimensione esaltante, che è il contrario. L’arte entra nell’esaltazione e l’esaltazione entra nell’estasi di cui si parlava prima. È una dimensione estatica e si sbaglia tremendamente se si pensa che l’arte sia consolatoria, che la poesia sia il lacrimatoio, ma è tutt’altro! L’arte ha in sé un grosso segnale di forza e di coraggio, e l’opera è una dimensione energetica, di grande tensione emozionale. L’opera ti chiama a questo: alla forza, al coraggio, alla tensione, allo stupore…soprattutto allo stupore!  Allo stupirsi di continuo anche di se stessi e di ciò che riescono a toccare altri meritevoli.

Mai è consolatoria l’arte! L’opera ti chiama al coraggio di affrontare il dolore a testa alta, da esseri umani. Il dolore ti può piegare, ti può far inginocchiare, ma la fronte deve rimanere sempre alta, anche in ginocchio. Ho detto prima che di opera si può anche morire però, a questo punto, meglio morire di opera piuttosto che non affrontare se stessi nell’opera e accostarsi all’opera con la lacrima o strisciando. Meglio morire! L’opera non ti vuole così! L’opera ti vuole nella tua verità, ti vuole nella tua completa  sincerità e ti vuole anche nella tua  modestia perché sei arrivato fin dove potevi, però sei degno fin lì. Dignità! Dignità! Il sacerdozio implica una grandissima dignità. Oggi,  invece,  siamo in un mare di mezze figure, per usare un termine caro a Sciascia,  di “quaquaraquà”,  e questo è deleterio per il nostro fare arte e per la nostra civiltà. Io sono convintissimo che l’unica possibilità di incontro tra diverse culture, civiltà e religioni possa avvenire solo riconoscendosi reciprocamente una dignità e la capacità di narrarsi come persone degne. Nel racconto ci può essere l’incontro, nella narrazione di ciò che per noi è sacro (ecco, ritorniamo al sacro) mentre  l’altro ci racconta  ciò che  è sacro per lui e, alla fine, scoprire che il suo sacro ed il nostro sacro collimano. Sono molto junghiano in questo, esiste un io collettivo, siamo tutti parte dello stesso formicaio, mentre  questo mondo tenta di  confondere sempre di più, ed ecco che ritorniamo alla Torre di Babele di cui ho parlato.

L’uomo sta peccando troppo di superbia, è un peccato che stiamo commettendo soprattutto noi occidentali. Tutto si fonda sulla superbia. È il primo peccato; il demonio pecca di superbia. È sempre quello il nocciolo della faccenda: mancanza di umiltà, mancanza di modestia, e mancanza di capacità di capire quando ci si deve inchinare, perché ho detto che si deve restare sempre a testa alta, ma quando c’è da onorare qualcosa o qualcuno bisogna sapersi anche inchinare, questo fa parte della dignità ed anche di  quella componente estetica fondamentale in ogni campo che consente di superare la volgarità e di entrare nella dimensione della bellezza, del buon gusto, dello stile. Viviamo in un mondo che ha perduto lo stile!

Recuperare lo stile è fondamentale, perché ci si possa far riconoscere non solo come scrittore,  come pittore, ma  come essere umano, come appartenente ad una comunità di esseri umani.

Gabriella Grande

 

1  “Il dolore” con disegni di Omar Galliani. Gian Ruggero Manzoni. Ed. All’insegna del pesce d’oro/Scheiwiller, Milano, 1991
2   “Tutto il calore del mondo” con disegni di Mimmo Paladino. Gian Ruggero Manzoni. Ed. Skira,   2013
3   “ESODO secondo Gian Ruggero Manzoni”, Raffaelli Editore, 2010
4     Genesi, 11,1-9
5    Performance poetica di Gian Ruggero Manzoni,  accompagnato da Walter Santoro – sala AxA Palladino Company, Campobasso, 27 ottobre 2012 (al link: https://www.youtube.com/watch?v=Ynvmcvrrfg0 )
 
NOTA BIOGRAFICA E PERCORSO ARTISTICO  DI GIAN RUGGERO MANZONI al link:

http://www.gianruggeromanzoni.it/

BIBLIOGRAFIA DI GIAN RUGGERO MANZONI
Poesia
  • Il mercante di allodole, con serigrafie dell’autore. Ed. Mazzotti, Bagnacavallo, 1981.
  • Filokalia, con disegni di Sergio Monari. Ed. Cervo Volante, Roma, 1983.
  • Le tavole dei reziari, con opere di Sergio Monari. Ed. I Telai del Bernini, Modena, 1983.
  • L’ orizzonte dei baratti, con disegni di Tommaso Cascella. Ed. Cervo Volante, Roma, 1984.
  • La religione del suono, con disegni di Tommaso Cascella. Ed. Le parole gelate, Roma, 1985.
  • Il sicario della Tiade, con disegni di Garouste, Barni, Monari, Bonechi, Galliani. Ed. Cleto Polcina, Roma, 1985.
  • Seth. Ed. Walberti, Lugo di Romagna, 1986.
  • Discorsi Latini. Ed. Premio di Poesia Savignano, Savignano sul Rubicone , 1986.
  • Il tredicesimo mese/Il tempo abbandonato, con disegni di Tommaso Cascella. Ed. Ellequadro, Genova, 1990.
  • Il codice. Ed. Origini/La Scaletta, San Polo d’Enza, 1991.
  • Il dolore, con disegni di Omar Galliani. Ed. All’Insegna del Pesce d’Oro/Scheiwiller, Milano, 1991.
  • Le battane di bronzo, con disegni di Bruno Ceccobelli. Ed. La Stamperia dell’Arancio, Grottammare, 1994.
  • L’ evento. Ed. Moby Dick, Faenza, 1997.
  • Nell’ abbraccio dell’ io, con acquarelli di Luigi Ontani. Ed. Enrico Astuni, Fano, 1998.
  • Il digiuno imposto, con opere di Mimmo Paladino. Ed. Matthes & Seitz Verlag, Monaco di Baviera, 2000, e Ed. Emede, Buenos Aires, 2002.
  • Deserti di quiete, con disegni di Aldo Mondino. Ed. I Quaderni del Circolo degli Artisti, Faenza, 2001.
  • Gli addii. Ed. Moretti & Vitali, Bergamo/Milano, 2003.
  • Resistere fino all’ultimo uomo, con opere di Iller Incerti. Ed. Diabasis, Reggio Emilia, 2004.
  • Scritture scelte Volume I e II. Ed. del Bradipo, Lugo di Romagna, 2006.
  • Elogio alla diversità, con opere dell’autore. Ed. Arte Com, Avellino, 2008.
  • Tutto il calore del mondo, con opere di Mimmo Paladino. Ed. Skirà/Rizzoli, 2013.
  • Nel vortice della acque superiori, con opere di Omar Galliani. Ed. Raffaelli, 2015.
Narrativa
  • Gotthold Nysa. Edizioni del Bradipo, Lugo di Romagna, 1989, poi Ed. Feltrinelli, Milano, 1996.
  • L’impresa, con serigrafie di Enzo Cucchi. Ed. Essegi, Ravenna, 1991.
  • Caneserpente. Ed. Il Saggiatore, Milano, 1993.
  • Il Francese. Edizioni del Girasole, Ravenna, 1995.
  • Autoritratti, con opere dell’autore. Ed. Essegi, Ravenna, 1998.
  • Gli sfidanti metafisici, con disegni di Lucio Del Pezzo. Ed. Corraini, Mantova, 1999.
  • Tango Croato, con disegni dell’autore. Ed. Campanotto, Pasian di Prato, 2001.
  • Il Morbo. Ed. Diabasis, Reggio Emilia, 2002.
  • La Banda della Croce. Ed. Diabasis, Reggio Emilia, 2005.
  • L’albero di Maehwa. Ed. Gruppo Albatros (nella collana da lui diretta), Roma, 2008.
  • Una macchia nel sole. Edizioni del Girasole, Ravenna, 2009.
  • I teatranti perduti. Ed. Gruppo Albatros (nella collana da lui diretta), Roma, 2013.
  • Acufeni. Ed. Guaraldi, Rimini, 2014.
  • La voce. Ed. Carteggi Letterari, Messina, 2016.
Teatro
  • Penteo. Ed. Altri Termini, Napoli, 1987.
  • Cutman (con Raffaele Rago). Ed. Walberti, Lugo di Romagna, 1987.
  • Il sonno di Macbeth (con Nicola Macolino). Edizioni del Bradipo, Lugo di Romagna, 2009.
  • Per colui che è, con disegni dell’autore. Ed. Il Vicolo, Cesena, 2016.
Varie
  • Pesta duro e vai trànquilo/Dizionario del linguaggio giovanile (con Emilio Dalmonte). Ed. Feltrinelli, Milano, 1980.
  • Pelàsgi/I poeti romagnoli in lingua (con Davide Argnani). Ed. Maggioli, Rimini, 1986
  • I manifesti/Gli scritti di un sicario. Ed. Walberti, Lugo di Romagna, 1989.
  • La guerra dei poeti, con opere di Marco Pellizzola. Ed. Essegi, Ravenna, 1992.
  • Peso vero sclero/Dizionario del linguaggio giovanile di fine millennio. Ed. Il Saggiatore, Milano, 1997
  • Piloti, aviatori, cosmonauti, motociclisti, con opere pittoriche dell’autore. Ed. Essegi, Ravenna, 1999.
  • Guerrieri, con opere pittoriche dell’autore. Ed. Essegi, Ravenna, 2000.
  • Teatri per la memoria (con Giosetta Fioroni). Ed. Essegi, Ravenna, 2000.
  • Il giardino dei giusti, un dialogo con Giacinto Cerone. Ed. Essegi, Ravenna, 2001.
  • Oltre il tempo/11 poeti per una Metavanguardia. Ed. Diabasis, Reggio Emilia, 2004.
  • Esodo (biblico, traduzione e cura). Ed. Raffaelli, Rimini, 2010.
  • Magie Barbare. Ed. Palladino, Campobasso, 2012.
  • Nuova Vandea (con Adernò, Zanin, Baj). Ed. Officine Ultranovecento, Pordenone, 2013.
  • Briganti, Saracca & Archibugio. Ed. Il Ponte Vecchio, Cesena, 2015.
  • La torre. Ed. Il Ponte Vecchio, Cesena, 2016.
  • Lunga vita al Genius Loci. Ed. I Libri da Bruciare, Modena, 2016.
  • Francesca Alinovi, in suo ricordo (con Antonella Colaninno). Ed. Di Felice, Teramo, 2017.
Mostre pittoriche (le più rappresentative)
  • Del visceralismo. Prov. di Ravenna e Compr. Lughese, mostra itinerante, 1981.
  • Ribelli nella tradizione (con Enrico Calderoni). Sala R. Verde, Faenza, 1982.
  • Dooks (collettiva). Vecchia Dogana del Porto, Marsiglia, 1983.
  • Mito e furia (collettiva). Palazzo del Senato, Milano, 1983.
  • Science verb total et classicisme continuè (collettiva). Gall. Picop e Comunità Europea, Parigi e Bruxelles, 1984.
  • XLI Biennale di Venezia 1984.
  • Faust. Teatro G. Freytag e Case Occupate di Fasanenstrasse. Monaco di Baviera e Berlino, 1985.
  • Apocalisse Identitaria (collettiva). Gall. Cleto Polcina, Roma, 1986.
  • XLII Biennale di Venezia 1986.
  • Waffe. Magazzini del Porto, Amburgo, 1987.
  • Il Principio della libertà (collettiva). Presso le sedi della Fondazione Hirtsch, Boston, New York, Chicago, 1988.
  • GRM – espressione/tradizione/trasgressione. Gall. Gian Ferrari, Milano, 1990.
  • L’Impresa (con Enzo Cucchi). Gall. Modidarte, Ferrara, 1992.
  • Risk ad Atene (collettiva). Rostand Art Center, Atene, 1993.
  • Racconti popolari. Gall. Sumithra, Ravenna, 1993.
  • Bomber. Gall. Michael Werner, Colonia, 1994.
  • Malattia mentale. Saletta Comunale d’Esposizione, Castel San Pietro Terme, 1994.
  • Gian Ruggero Manzoni, opere recenti. Gall. Riposati, Roma,1995.
  • L’evento. Gall. Enrico Astuni, Fano, 1997.
  • Percorsi barbari. Antiche Pescherie, Lugo di Romagna, 1998.
  • Omaggio a GRM. Arte Fiera, Forlì, 1998.
  • Paesaggi Italiani. Gall. Enrico Astuni, Fano, e Tropico del Cancro, Bari, 1999.
  • GRM. Gall. Michael Werner, Colonia, 1999.
  • Guerrieri. Gall. 360°, Montecchio Emilia, 2000.
  • Piloti, aviatori, cosmonauti, motociclisti. Gall. Enrico Astuni, Fano, 2000.
  • Santo manganello-santa falce e martello (con Iller Incerti). Exsalumificio/Gall. Artipici, Modena, 2000.
  • Il patriota esteta. Italian Veterans Association, New York, 2001.
  • Il Giardino dei Semplici. Gall. Gasparelli, Fano, 2001.
  • Il digiuno imposto (con Mimmo Paladino). Museo Nazionale di Buenos Aires, Buenos Aires, 2002.
  • Carte recenti. Emeroteca del Museo del Louvre, Parigi, 2004.
  • Resistere fino all’ultimo uomo (con Iller Incerti). Museo del Senio, Alfonsine, 2005.
  • La capitale dell’Impero (con Roberto Cornacchia). Atelier R. Cornacchia, Lugo di Romagna, 2005.
  • La rabbia dei Santi 1. Spazio 9 Artecontemporanea, Faenza, 2006.
  • La rabbia dei Santi 2. Galleria Exhibition Art, Fano, 2006.
  • Gian Ruggero Manzoni. Zentralbibliothek, Zurigo, 2007.
  • Ciao favole, ciao natura. Palazzo dei Congressi, Jesi, 2007.
  • Miracoli. Palazzo del Commercio-Sale Lino Longhi, Lugo di Romagna. 2008.
  • Elogio alla diversità. Gall. Portfolio, Senigallia, 2008.
  • La sindrome di Icaro (collettiva). Borgo Storico Seghetti Panichi, Castel di Lama, 2008.
  • Appartenere (collettiva). Dimore e Chiese Storiche delle città di Imola, Faenza e Lugo di Romagna, 2008.
  • Io divinità – Opere su carta. Bookshop Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Praga, 2008.
  • Selvatico (collettiva). Palazzo Sforza, Cotignola, 2008.
  • L’ombra della parola. Fondazione Tito Balestra, Longiano, 2008.
  • Di ritorno dalla Bosnia. Galleria Exhibition Art, Fano, 2009.
  • Fango Rumori Zanzare Cookies e Rock in Road. Station Gallery, Tortoreto, 2010.
  • L’Arca di Noè fa il diavolo a quattro (collettiva). Pharmacy Industry Art Venice, Mestre, 2010.
  • Twenty Pounds of Therica. Ex Convento SS.Cosma e Damiano, Venezia, 2011.
  • Fine corso (collettiva). Espace Polychrome. Namur, Belgio, 2011.
  • UBU sotto tutti gli aspetti, Lato & Figurato (collettiva). Palazzina Azzurra. S.Benedetto del Tronto, 2012.
  • Apokalips (collettiva). Grattacielo Pirelli – Palazzo della Region Milano, 2012.
  • Magie Barbare. A x A Palladino Company. Campobasso, 2012.
  • Opere sacre di sabotaggio. Pescherie della Rocca. Lugo di Romagna, 2013.
  • Corrispondenze (collettiva). Loggetta del Trentanove. Faenza, 2014.
  • PescaraArt (collettiva). Loft Box&Office. Pescara, 2014.
  • Pagine ad arte. Biblioteca “Maria Goia”. Cervia, 2014.
  • Gian Ruggero Manzoni. Museo d’Arte Moderna “Vittorio Colonna”. Pescara, 2015.
  • V International Forum – Creative Life (collettiva). Bolognano di Pescara, 2015.
  • Propositum Artis (collettiva itinerante). Ancona, Ascoli Piceno, Gubbio, Macerata, L’Aquila. 2016.
  • Le mutevoli forme. Bottega Gollini Arte Contemporanea, Imola, 2016.
  • Artisti in permanenza (collettiva). Gall. Il Melograno, Livorno, 2016.
  • Artistes Italiens Sur l’Affichage (collettiva). Chambre de Commerce Italianne pour la France, Marsiglia, 2016.
  • Eroi barbari. Galleria Il Vicolo, Cesena, 2016.
  • II Biennale d’Arte della Croazia. Museo Città di Labin, 2016.
  • L’equilibrio del guerriero. Fortezza di Radicofani – Siena, 2016.

 

 

PILLOLE DELL’INTERVISTA A GIAN RUGGERO MANZONI

Aspettando l’intervista integrale a GIAN RUGGERO MANZONI (poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer)  domani 29 settembre 2017, ecco qualche pillola  da “LO SPECCHIO DELLE PAROLE”.

L’emozione ineffabile dell’ascolto della voce di un Autore “necessario”.

 

Aspettando “Vuoi provare i miei occhiali?” Conferenza stampa del 22/06/2017

Conferenza stampa della Prima Personale di disegno del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani “Vuoi provare i miei occhiali?” che si terrà il 17 luglio, dalle 18 alle 22, Sala degli Specchi, Palazzo di Città, Taranto con Patrocinio Morale del Comune di Taranto, concesso dal Sindaco Dr. Ippazio Stefano.
Organizzatrici: Gabriella Grande e Laura Grande
Curatrice della mostra: Gabriella Grande
Collaboratori: Dott.ssa Annamaria Calia,  Padre Antonio Salinaro, Dr. Gianpaolo G. Mastropasqua,   Avv. Patrizia Altomare (Atelier Privè Arte, Moda e Cultura), Ladybijoux14

 

COMUNICATO STAMPA

 

“VUOI PROVARE I MIEI OCCHIALI?”

PRIMA PERSONALE DEL POETA E DISEGNATORE BERGAMASCO

ANDREA BASSANI

 

Lunedì, 17 luglio 2017, dalle ore 18:00 alle ore 22: 00, nella prestigiosa cornice della Sala degli Specchi del Palazzo di Città di Taranto, con il Patrocinio morale del Comune concesso dal Sindaco uscente Dr. Ippazio Stefano,  a cui va il nostro più sentito ringraziamento, si terrà un incontro di arte e cultura dedicato alla Prima Personale di disegno  “Vuoi provare i miei occhiali?”  del poeta e disegnatore bergamasco Andrea Bassani, riconosciuto a livello europeo e che sarà presente in collegamento skype.

La scelta di intitolare la mostra “Vuoi  provare i miei occhiali?” (dal titolo di uno dei disegni che verranno esposti)  è legata alla poetica e  alla visione del mondo di Bassani, che si definisce “un poeta che disegna”. È un invito a guardare le cose con occhi diversi. “La realtà può essere trasformata cambiando occhi e per cambiare occhi bisogna cambiare cuore, bisogna cambiare mentalità e soprattutto bisogna conoscere meglio se stessi e  approfondire tutto ciò che riguarda  l’interiorità dell’essere umano, l’aspetto del non essere umano nell’essere umano.” (A. Bassani)

Le organizzatrici della mostra sono Gabriella Grande (scrittrice, blogger, curatrice di mostre ed eventi culturali e collaboratrice recensionista su sololibri.net) e Laura Grande (laureanda in Farmacia, cantautrice,  designer e creatrice di bijoux Linea “Ladybijoux14”). Gabriella Grande è, inoltre la curatrice della mostra e la conduttrice della serata. La stessa illustrerà la figura dell’autore e terrà una relazione critica sui disegni e sulla poetica di Bassani, moderando gli interventi che si succederanno nel corso della presentazione dei disegni dell’autore, ad opera di:

  • Dott.ssa Annamaria Calia (pedagogista e operatore socio assistenziale per l’infanzia).

Il suo intervento si aggancia alla presenza nei disegni del poeta Bassani di molteplici riferimenti all’infanzia;  lo stesso mondo dell’artista sembra essere visto con gli occhi di un bambino. “Cerco di regredire recuperando quegli occhi perduti, quegli occhi di quando potevo vedere cose che poi da adulto non ho visto più. È quasi un ritornare indietro,  ma con la  saggezza acquisita sul campo  di battaglia che è la vita,  perché arriva un momento in cui per andare avanti è indispensabile tornare indietro. “Se non sarete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli” diceva nostro Signore”.  I rimandi all’infanzia, nei disegni del poeta Bassani,  sono un invito a riscoprire la parte matura dell’essere bambino, “quella parte di cui siamo spogliati inesorabilmente non direi a causa del tempo, ma delle abitudini sociali che ci costringono a deporre il nostro essere bambini e quindi ci impongono di  deporre il grande motore della vita che è l’immaginazione, costringendoci sempre più allo scontro e all’accettazione della realtà. “Vuoi provare i miei occhiali?” è anche un invito a recuperare quegli occhi perduti, quegli occhi deposti  di noi bambini che erano immersi nella immaginazione, quindi nella creazione  di un mondo nostro. Un mondo bello, un mondo divertente, un mondo dove tutto è possibile, un mondo pieno di speranza, di possibilità.“ La Dott.ssa Calia, con la sua esperienza lavorativa nel servizio A.D.E. e nell’attività di assistenza specialistica per l’integrazione scolastica ed extrascolastica, e la grande professionalità costruita con una particolare attenzione ai soggetti diversamente abili e maturata soprattutto con i minori in condizioni di disagio, con il suo intervento ci dimostrerà come, approcciandosi al disagio degli adolescenti “con occhi diversi”, con il desiderio e la volontà del  recupero, dall’adolescente  disagiato o diversamente abile si possano ottenere risposte insperate, donando possibilità ed una forma di espressione più consapevole.

  • Gianpaolo G. Mastropasqua (psichiatra, poeta e Maestro di musica –clarinettista)

Il suo intervento si inserisce nella relazione critica dei disegni, con particolare riferimento alla complessa metamorfosi del vivente che il poeta Bassani traccia con l’esclusivo utilizzo della penna ad inchiostro nero su fogli Fabriano (50% cotone, pH neutro, grana fine 300g/mq). Il fondo dell’anima non è sede solo di virtù ma anche di vizi e tentazioni, di ombre che la ragione può reprimere ma non annullare; siamo due cose alla volta, il fondo dell’anima ha una duplice coloritura e quindi lo spazio dell’anima, il senso complessivo del nostro mondo interiore, è un magma contraddittorio, sfaccettato. Lo psichiatra dr. Mastropasqua,  con la sua profonda sensibilità poetica,  ci guiderà nel labirinto dell’anima e con la sua solida preparazione scientifica ci avvicinerà in modo più consapevole al mistero dell’uomo e alla sua meravigliosa unicità.

  • Padre Antonio Salinaro (parroco della Chiesa di San Pasquale Bylon, Taranto)

Una conversione quando la vita sembrava aver preso una strada di dolore e di disperazione è quanto avvicina Padre Antonio al poeta Bassani e la scelta della Bellezza del sacrificio e della rinuncia per un Bene più grande (Padre Antonio da uomo di Dio e Bassani da laico innamorato di Dio)  di cui è permeata la poetica dell’artista bergamasco. L’illuminante intervento di Padre Antonio, che ci testimonierà la Bellezza della scelta,  è stato fortemente desiderato dal poeta Bassani e dalle organizzatrici dell’evento Gabriella Grande e Laura Grande, convinti che sia necessario sottolineare l’utilità dell’arte.  La poesia è, per Andrea Bassani “soprattutto una forma di preghiera, una  forma di incontro con l’altro, una  forma di percezione del dolore altrui e compassione. Quindi l’ arte, e la Poesia in particolare perché è la madre di tutte le arti,  è uno strumento spirituale di grandissima potenza per risvegliare la nostra parte divina sopita.”

Alla mostra saranno associati un intervento musicale ad opera di Camillo Pace (etnomusicologo, cantautore e Maestro di musica – contrabbasso)  ed una sfilata di abiti da donna di grandi firme dell’Atelier “Privè, arte, moda e cultura”, Piazza Maria Immacolata 32, Taranto, delle encomiabili  Avv. Patrizia Altomare e Dott.ssa Marina Carone. L’Atelier è un open space in cui non si propongono solo le ultime tendenze della moda, ma è offerta la straordinaria possibilità di visitare la saletta d’arte in cui vengono esposti, con una cadenza di circa 15 giorni, quadri concessi da privati. Lo spazio è, inoltre, offerto gratuitamente per la presentazione di libri e per altre interessanti iniziative culturali.

La sfilata sarà curata da Laura Grande. Durante la sfilata le modelle esibiranno le magliette riproducenti il disegno “Il bacio dell’anima” di Bassani firmate dall’autore. “Il bacio dell’anima” è stato scelto dal poeta Bassani come logo del suo sito

www.andrea-bassani.com

È un disegno simbolo perché “in quel bacio dell’anima c’è la  sintesi del mio credo artistico, del mio credo poetico e anche spirituale: la  riconciliazione con se stessi, con la propria parte interiore, e al tempo stesso con l’altro, con l’interiorità, con l’essenza, con l’essere spirituale dell’altro. Quindi con il vero altro, con il vero io dell’altro. Il bacio, d’altro canto,  rappresenta anche la resistenza, rappresenta  la rivoluzione, la lotta con amore, rappresenta la passione, la malinconia, la Poesia. In quel bacio si sono convogliati una serie di significati che inglobano gran parte del mio pensiero poetico.” (A. Bassani)

Le modelle indosseranno, inoltre, dei bijoux disegnati e realizzati da Ladybijoux14. La sfilata si concluderà sulle note della pianista Dott.ssa Maristella Rizzuto.

Il poeta e disegnatore Bassani leggerà alcuni versi del Cantico della Bellezza che chiude il suo poema “Lechitiel” (Terra d’Ulivi Edizioni, 2016).  Il poema “Lechitiel” è stato inserito nel catalogo della Biblioteca del Centro Pompidou di Parigi, una silloge tratta dallo stesso  poema è pubblicata e recensita dalla poetessa e critico Dott.ssa Maria Grazia Calandrone sulla Rivista internazionale “Poesia” del Febbraio 2016 (n°312). Ha ricevuto due lettere di encomio dal Cardinale Gianfranco Ravasi. Una selezione di poesie tratte da “Lechitiel” è stata tradotta e inserita nell’antologia poetica rumena “Poezia”, traduzione  della poetessa Eliza Macadan.

L’artista Andrea Bassani donerà il 10% della vendita di ogni disegno all’Istituto comprensivo “G. Galilei” di Taranto (e in occasione di questa Prima Personale ridurrà del 50% il valore effettivo dei disegni) e devolverà il 25% della vendita di ogni maglietta raffigurante il disegno dell’artista “Il bacio dell’anima”, al Parroco Padre Antonio Salinaro, per i bisogni della Chiesa di San Pasquale Baylon.

Alle organizzatrici è stato segnalato che gli alunni dell’Istituto “G. Galilei” scarseggiano di libri e di quaderni ed è stato loro comunicato il lodevole impegno del personale della scuola a supplire, a proprie spese, alle diverse mancanze. L’artista e le organizzatrici Gabriella Grande e Laura Grande saranno felici di poter offrire all’Istituto il loro sostegno con questa iniziativa, convinti come sono che l’arte debba farsi strumento di sostegno, perché possa trovare la sua utilità sociale. “In un paese sempre più piegato dalla povertà, è necessaria più che mai l’educazione alla nostra ricchezza primigenia: l’anima.” come sostiene il poeta Andrea Bassani. Con il lavoro che l’encomiabile Dirigente scolastico Maria Paola Scorza e il personale docente svolgono ogni giorno con la dedizione di cui ci hanno parlato, l’Istituto “G.Galilei” promuove questo tipo di educazione che l’artista Bassani e le organizzatrici Gabriella Grande e Laura Grande, in qualità di scrittori, artisti e curatori di eventi, desiderano sostenere, nei limiti delle loro possibilità, perché se l’arte non è al servizio del Bene è solo inganno.

L’artista Andrea Bassani farà dono del disegno “Il Profeta” (Penna su foglio Fabriano 50% cotone, pH neutro, grana fine, 300g/mq, dimensioni 36×50 cm) al Museo sacello di Sant’Egidio della Chiesa di San Pasquale Baylon di Taranto, affidandolo al Parroco Padre Antonio Salinaro.

La serata si concluderà con un buffet offerto dal Bernardi Choco Bistrot, di via Niccolò Tommaso D’Aquino, 1, Taranto.

Taranto, 20/06/2017

Gabriella Grande

mail: gabriellagrande@alice.it

Sito web: www.gabriellagrandeblog.wordpress.com

Sito del poeta disegnatore Andrea Bassani: www.andrea-bassani.com

 

 

 (1)ANDREA BASSANI
Andrea Bassani nasce a Bergamo nel 1980.
All’età di diciannove anni, insieme a un gruppo di amici, costituisce una blues band del quale è cantante e si esibisce in locali notturni lombardi. A ventitré anni compone i primi versi e si avvicina con interesse al mondo della letteratura. A ventisei anni stampa la sua prima raccolta di poesie dal titolo Amore Androgeno (Edizioni d’arte Imedea). Per Alberto Casiraghy pubblica la plaquette Mare (Pulcinoelefante) con un disegno di Giacomo Pellegrini. Incontra la poetessa milanese Alda Merini, nel suo appartamento sui Navigli, alla quale sottopone i suoi scritti. Durante un secondo incontro la stessa poetessa lo invita a proseguire sulla strada della versificazione con più alte ambizioni.
Nel 2007, in seguito a un’importante conversione spirituale, lascia famiglia, amici, lavoro e si trasferisce a Pistoia.
Trascorre cinque anni d’inattività artistica durante i quali si dedica allo studio delle filosofie orientali e al volontariato.  Solo nel 2013, a seguito dell’incontro col prof. Ernesto Marchese, relatore di una serie di conferenze sulla poesia classica e contemporanea, ricomincia a scrivere. Il suo Cantico Della Bellezza viene letto nelle sale affrescate del comune di Pistoia dalla compagnia teatrale “il rubino”.
Una sua silloge tratta dal poema Lechitiel è pubblicata e recensita dalla poetessa Maria Grazia Calandrone sulla rivista internazionale “Poesia” del Febbraio 2016 (n°312). Otto inediti vengono pubblicati su Nazione Indiana. Riceve due lettere di critica positiva dal Cardinale Gianfranco Ravasi.
Pubblica nel 2016 per “Terra d’Ulivi edizioni” il poema Lechitiel che è stato inserito nel catalogo della Biblioteca del Centro Pompidou di Parigi. Una selezione di poesie tratte da “Lechitiel” sono state tradotte e inserite nell’antologia poetica rumena “Poezia” tradotte da Eliza Macadan.
Partecipa a reading letterari e collabora con importanti personalità della letteratura contemporanea. Alcune sue poesie si possono ascoltare su canali youtube.
Parallelo e altrettanto vissuto come espressione poetica è il suo percorso pittorico. Ha scritto di lui Bernard Tiburce (bibliotecario del Centro Pompidou di Parigi). Ha ricevuto un giudizio positivo dal critico d’arte Gian Ruggero Manzoni.
Andrea Bassani ha anche un sito al link: www.andrea-bassani.com
 Nominato giurato per la prima edizione (2017) del premio di poesia Maria Maddalena Morelli “Corilla Olimpica” città di Pistoia  insieme ad Ernesto Marchese, Matteo Mazzone, Marco Marchi, Gabriella Grande, Giacomo Trinci, Antonella di Tommaso.
Attualmente vive a Pistoia.
(2)GABRIELLA GRANDE
Gabriella Grande è nata a Taranto. Scrittrice, blogger, curatrice di mostre ed eventi culturali,  collaboratrice recensionista su sololibri.net
Cura il blog personale “Uragabry effect” al link: www.gabriellagrandeblog.wordpress.com
Ha pubblicato raccolte di poesie nelle antologie “sChiavi diVersi” (ArtisticaEdizioni, 2014),  “Transizione –La ri/E/voluzione di una donna” (Casa Editrice & Libraria edit@, 2016),  “Amori liquidi – Sogni, sentimenti e fragilità delle donne” (Casa Editrice & Libraria edit@, 2017), su diversi numeri della rivista “UT” e su ilmondodiutblog.blogspot.it
Alcune sue poesie si possono ascoltare su canali YouTube e Spreaker. Una selezione delle sue poesie è stata letta dal Dr. Valter Zanardi, neurologo di Padova e lettore di opere narrative su YouTube.
È autrice e interprete di spettacoli poetico-musicali e partecipa a reading letterari in teatri, coworking e caffè letterari in diverse città d’Italia. Collabora con importanti personalità della letteratura contemporanea.
Nominata giurato per la prima edizione (2017) del Premio di poesia Maria Maddalena Morelli “Corilla Olimpica” città di Pistoia, insieme ad Ernesto Marchese, Matteo Mazzone, Marco Marchi, Andrea Bassani, Giacomo Trinci, Antonella Di Tommaso.
(3)LAURA GRANDE
Nata a Taranto, laureanda in Farmacia, cantautrice,  designer e creatrice di bijoux Linea “Ladybijoux14”. Cura il blog “Ladybijoux14”,  vetrina di idee per creativi professionisti. Collabora con blogger di livello nazionale nella ricerca e promozione di nuove tendenze bijoux.
Ha partecipato a numerosi spettacoli musicali e Festival di livello nazionale. Si è esibita in teatri.
Si è classificata nella rosa dei 40 semifinalisti del Festival Nazionale di Napoli 2003
Si è classificata al 3° posto inediti al Concorso per cantautori “Sotto le stelle 2003” tenutosi a MartinaFranca , con il suo brano “L’amore non c’è” (testo e musica di Laura Grande)
È stata soprano della Schola Cantorum di canto gregoriano “Una cum angelis” della Chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo, Taranto.
(4)ANNAMARIA CALIA
Nata ad Altamura (Ba), pedagogista e operatore socio assistenziale per l’infanzia. Laurea in Scienze Pedagogiche (Tesi: “Educazione e disabilità: rappresentazione sociale e integrazione”; Laurea in Scienze della Formazione (Tesi: “Tutela e valorizzazione del territorio di Taranto”). Ha collaborato con l’Associazione Cuamj di Taranto. Ha partecipato a diversi corsi di formazione, tra cui AIF – Scuola di Formazione. Ha un interesse particolare per le questioni sociali del territorio e per i soggetti che presentano disturbi pervasivi dello sviluppo.
(5)GIANPAOLO G. MASTROPASQUA
Poeta, Psichiatria e Maestro di Musica (clarinettista)  è nato a Bari, ha vissuto a Santeramo in Colle, in Spagna e nel Nord Italia, vive attualmente a Lecce, dove lavora in qualità di Dirigente Medico in Psichiatria presso la ASL. Ha pubblicato Silenzio con variazioni (2005) Andante dei frammenti perduti (2008) Partita per silenzio e orchestra (2015) e Danzas de Amor y Duende (2016)per l’editore Enkuadres di Valencia in edizione bilingue. Ha vinto alcuni premi letterari nazionali e internazionali. Recensito in riviste letterarie specializzate cartacee e on-line (Poesia, ClanDestino, Incroci, Il Segnale), Antologie, Quotidiani, Blog letterari, produzioni radio-televisive (Italia che lavora: professione poeti, PoiSiaMusica, A folle). Ha curato l’antologia Taggo e Ritraggo sulla poesia ai tempi di Facebook, attualmente co-dirige la rassegna milanese “Rinascimenti Poesia”. Ha ideato e diretto diversi progetti culturali e azioni poetiche (LietoColle Sud Tour, Grand Tour Poetico, Poeti per il cambiamento). Una monografia critica è apparsa nell’Antologia “A Sud del Sud dei Santi – Cento anni di Storia Letteraria”, ne “L’evoluzione delle forme poetiche – la migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio”. Ha partecipato, tra gli altri, al Sardam Alternative Literary Readings Festival di Cipro, al Festival Internacional de Poesia  Benidorm y Costa Blanca e scelto tra i poeti italiani per il Bombardeo de Poemas sobre Milan opera del collettivo cileno Casagrande,Expo2016.E’ tra i 7 poeti contemporanei scelti per il film documentario “Il futuro in una poesia” della regista RAI Donatella Baglivo, in imminente uscita. É membro e delegato del Liceo Poetico de Benidorm e dei “Poeti per la Cultura di Pace”.
(6)CAMILLO PACE
Nato a Taranto il 7 maggio 1978, diplomato in contrabbasso presso il conservatorio “N.Rota” di Monopoli sotto la guida del m° Michele Cellaro e laureato in discipline musicali jazz, con specializzazione storico – musicologica presso il conservatorio “N.Piccinni” di Bari. Ha condotto studi come etnomusicologo in due importanti paesi africani, Kenya e Sudafrica, questi studi si sono concretizzati in un prezioso libro che è stato discusso alla tesi finale di laurea con il titolo“ Musica Tradizionale Africana”. Ha studiato Etnomusicologia presso l’università di Lecce con i professori Maurizio Agamennone e Gianfranco Salvatore; ha pubblicato un libro con delle poesie di Luigi Marinosci, poeta martinese dei primi anni dell’800. Ha condotto i suoi diversi studi classici con maestri di fama mondiale come: Franco Petracchi, Michele Cellaro, Giuseppe Ettorre, Armando Trovajoli, Biagio Putignani. In ambito jazz con i maestri : Giuseppe Bassi, Ares Tavolazzi, Erik Reed, Winton Marsalis, Rodney Whitaker. Tra i capisaldi del contrabbasso che hanno influenzato il suo modo di suonare troviamo Ray Brown, Christian Mcbride, Paul Chambers, Ron Carter, ecc. Ha svolto una ininterrotta ed intensa attività concertistica in ambito classico con formazioni cameristiche e orchestrali dirette da prestigiosi direttori d’orchestra e suonando con solisti classici di fama internazionale. Al suo attivo troviamo numerosi concerti per importanti associazioni e festival italiani ed esteri (Africa, Giappone, Spagna, Inghilterra, Grecia, Francia, Bosnia, Stati Uniti, Russia, Croazia, Albania, Germania); ha collaborato con diversi musicisti in campo nazionale e internazionale tra cui: Marcello Rosa, Eddie Palermo, Nico Morelli, Fabio Morgera, Dado Moroni, Antonio Faraò, Carlo Atti, Tiziana Ghiglioni, Martin Jaconbsen, Mathias Duplessy, Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo, Ettore Fioravanti, Mirko Signorile, Alessio Menconi, Ettore Carucci, Mark Inouye, Tom Kirkpatrick, Daniele Dall’omo, Daniella Firpo, Orchestra della Magna Grecia, Angelo Ruggiero, Miloud Oukili, Stochelo Rosenberg, Michael Rosen, Vittorino Curci, Sarah Jane Morris, Sakis Papadimitriou, Georgia Sylleou, Davide Santorsola, Javier Girotto, Marco Tamburini, Marco Sannini, Marco Zurzulo, Ludovic Beier, Mimmo Campanale , Luca Aquino, Daniele Sepe, Gianluigi Trovesi, Giuseppe Delre, Bruno Tommaso, Achille Succi, Paolo Fresu, Nichi Vendola, Massimo Manzi, Roberto Gatto, Daniele Di Bonaventura, Gianni Ciardo, Michele Carrabba, Franco Cerri, Antonio Onorato, Fabrizio Bosso, Artur Miles, Orchestra del Settecento, Carol Sudhalter, Vincenzo Deluci, Gabin Dabirè, Orlando Johnson, Mia Cooper, Gino Sitson, Denis Tchangou, Gabriele Mirabassi, Bobby Mcferrin, Gabriele Semeraro, Mario Rosini, Tony Scott, Marcio Rangel, Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari, Joe Pisto, Vince Pàstano, Antonello D’Urso, Ana Paula Lopes, Eugenio Bennato, Daniele Scannapieco, Susanna Stivali, Matthew Halsall, Tony Remy, Savino Zaba, Salvatore Russo, Max Ionata, Dajana, Ron Pedrides, Joy Garrison, Erica Mou, Maria Pia De Vito, Phil Maturano, Rosalia de Souza, Kelly Joyce, Berardi Jazz Connection, Fido Guido, Alberto Dati, Mama Marjas, Iara Kelly, Paolo Angeli, Fabio Zeppetella, Bebo Ferra, Robertinho De Paula, Ornella Vanoni, Gregory Porter, Lucio Dalla, 99Posse, Ron, Folkabbestia. Ha insegnato presso la Saint Louis di Brindisi sede distaccata di Roma. É stato votato nel referendum “ Musica Top Jazz 2009” nella categoria (miglior nuovo talento) e (strumentisti dell’anno, sezione Contrabbasso). Nel 2010 è stato premiato alla XIX edizione del Premio Internazionale di Cultura “ Re Manfredi” città di Manfredonia per la musica jazz. Nel 2013 vince con il brano “ E allora balla” il GRAND PRIX For the Music alla 51° edizione dell’International TourFilm Festival e lo SPECIAL AWARD For the Music Film con il brano “ Il Viaggio” all’International TourFilm Festival della Croazia. Nello stesso 2013 partecipa alla 15° edizione dell’ International Circus Festival city of Latina come giurato della critica in qualità di musicista e cantante. Nel 2014 gli viene conferito il premio alla Musica alla II° edizione del “Premio Rococo’- Citta’ di Martina Franca” e nello stesso anno con il brano “ Il Viaggio” gli viene assegnato il DIPLOMA alla 17° edizione dell’International TourFilm Festival della Croazia. Nel 2015 partecipa alla 17° edizione dell’ International Circus Festival come giurato della critica con Brigitta Boccoli nel ruolo di Presidente di Giuria e la regista ed attrice Vera Gemma con il musicista e cantautore Camillo Pace nel ruolo di Segretari. La sua biografia appare nel libro di Agostino Convertino “ La Serenissima Repubblica della FrancaMartina”, Edizioni Nuove Proposte. Viene citato all’interno dei libri “ La città emergente” Ed. Brundisium.net di Marco Greco, “ Il giro del jazz in 80 dischi” CJC Editore di Amedeo Furfaro. Inoltre parte del testo della sua canzone “ E allora balla” è presente all’interno di una tesi di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e di Comunità. Progetti che vedono la sua partecipazione come leader e session man: omaggio a “ Bob Marley” con la cantante Connie Valentini, Camillo Pace Group, Fabio Accardi Collective, Rino Arbore Quartet, Cristina Palmiotta Quintet, Pasquale Mega Trio, Pierluigi Villani Group, Alberto Iovene Trio, Trithonia, Sharada con cui ha partecipato nel 2009 a Sanremo Rock piazzandosi al sesto posto, Dajana Group, Salvatore Russo Trio, Mama Marjas per il “MamaTour”, Apocalypse trio, Berardi Jazz Connection. Impegnato musicalmente in ambito Teatrale con un monologo di Clarizio Di Ciaula “ così dice Gerò” con l’attrice Virginia Barrett ed uno spettacolo poetico-musicale “ Tango Para Maria “ di Horacio Ferrer e Astor Piazzola con l’attore Dino Parrotta ed i musicisti Antonio Ippolito e Lisa Manosperti. Questa vasta esperienza e la sua poliedrica musicalità gli hanno consentito di passare con facilità dalla musica barocca a quella classica e dalla musica etnica alla musica jazz.
DISCOGRAFIA
1) “Concerto del trentennale” / Orchestra del conservatorio di monopoli / Digivox 2001
2) “Concerti per più strumenti” / Orchestra del Settecento / 2002
3) “Mater Dolorosa” / Vincenzo Mastropirro Ermitage Ensemble / Emmessegi 2003
4) “Ning e Nang” / Antonio Dambrosio Ensemble / Torre Di Nebbia 2003
5) “Dies Domini” / Orchestra da camera barese / 2003
6) “Blues Special” / Blues Special / Corrieri Cosmici 2004
7) “Concerto di Natale” / Orchestra del Settecento / Alphard Record 2005
8) “Johann Sebastian Bach concerti” / Orchestra del Settecento / Alphard Record 2006
9) “Photinx” / Quartetto Photinx / 2007
10) “Le Quattro Stagioni” / Orchestra da camera – Leonardo Leo- / Ed. Acustica 2007
11) “Sempre Nuova è L’alba “ / Antonio Dambrosio Ensemble / Squilibri 2007
12) “L’ape Regina del Jazz” / Vincenzo Deluci / Wahc 2007
13) “Introspezione d’un viaggio” / Camillo Pace / Corrieri Cosmici 2007
14) “ Coloriade” / Pasquale Mega Ensemble / Dodicilune 2007
15) “ First Flight”/ M.Contardi, P.Villani Small Band / Abeat 2009
16) “ Sings Cole Porter”/ Giuseppe Delre / Abeat 2009
17) “ Schermata Blues “/ Nicchio e l’accordo Speciale / Fo(u)r 2009
18) “ Tempus Transit “/ Pierluigi Villani Group / Universal EmArcy 2010
19) “ Nubigena” / Cristina Palmiotta / 2010
20) “ Logos” / Donatello D’Attoma / Pus(H)in Records 2010
21) “ Uhuru Wetu”/ Camillo Pace, Connie Valentini / Dodicilune Koinè Records 2010
22) “ Anyway”/ Berardi Jazz Connection / Flaminio Jazz 2010
23) “ Anyway”/ Berardi Jazz Connection / / P-Vine Records 2010 (Giappone)
24) “ MoSto” / Antonio Dambrosio Ensemble / Squilibri 2010
25) “ Cores” / De Paula- Iovene- Pace- Angelini / Philology 2011
26) “ Viaggio” / Trithonia / Urban 49 2011
27) “ Georg Philipp Telemann concerti” / Orchestra del Settecento / Alphard Record 2011
28) “Compilation Puglia Sounds” / Giuseppe Delre / Musica Jazz 2011
29) “ Emèrgenti” / Compilation Emergency / 2011
30) “ Metà Stinco e Metà Santo” / Gianni Ciardo / 2011
31) “ Different Moods” / Giuseppe Delre, Vince Abbracciante / Bumps Records 2011
32) “ Sweet Wind” / Rino Arbore Quartet / No Flight Records 2011
33) “ Chi Ha Fottuto Donald Duck? “ / Morga – Pace – Patruno / Fo(u)r 2011
34) “ Guardando per terra “ / Antologia di Poesie e Musica di Autori vari / LietoColle 2011
35) “ MARinARIA” / MarinAria / Urban 49 2011
36) “ DVD Batterika” / Pierluigi Villani Trio / Groove Studio 2011
37) “ The Italian Jazz Job “ / Compilation Universal Music / Universal EmArcy 2012
38) “ RE<< MURGIA” / Antonio Dambrosio Ensemble / Le Tracce 2012
39) “ Chi Si Accontenta Muore” / Davide Berardi / Corte dei Miracoli 2012
40) “ Gateway To Life “ / Giuseppe Delre / Abeat 2012
41) “ Whispers “ / Fabio Accardi / Mordente Records 2012
42) “Compilation Tutta Roba Pugliese Vol. 1” / Antonio Dambrosio / RockIt 2012 (solo
digitale)
43) “Compilation Tutta Roba Pugliese Vol. 2” / MarinAria / RockIt 2012 (solo digitale)
44) “ Suite Voyage “ / Mastropirro Ermitage Band / Le Tracce 2012
45) “ MATER DOLOROSA “ / Vincenzo Mastropirro / Digressione Music 2013
46) “ Autoritratto “ / Camillo Pace / Digressione Music 2013
47) “ Meticci ( io mi fermo qui )” / Ornella Vanoni / Sony Music 2013
48) “ E allora balla“ 45 giri / Camillo Pace / Digressione Music 2013
49) “ Il Principe Ranocchio” / Monica Nasti / Progetti Sonori 2013
50) “ Adiafora” / Antonella Chionna / Dodicilune Koinè Records 2013
51) “Compilation Flaminio Jazz Vol. 1” / Berardi Jazz Connection / Flaminio Jazz 2013
(solo digitale)
52) “Compilation Flaminio Jazz Vol. 2” / Berardi Jazz Connection / Flaminio Jazz 2013
(solo digitale)
53) “Compilation Puglia Sounds Classical” / Vincenzo Mastropirro Band / Puglia
Sounds 2013
54) “Compilation Puglia Sounds Pop” / Camillo Pace / Puglia Sounds 2013
55) “ A New Journey” / Berardi Jazz Connection / P-Vine Records 2013 (Giappone)
56) “Compilation Libera Veramente Vol. 4” / Davide Berardi / L’AltopArlAnte 2013
(solo digitale)
57) “Compilation Area Sanremo 2013” / Camillo Pace / APM 2013
58) “Compilation Meet’n’Radio” / Camillo Pace / On-Mag Promotion 1/2014 (solo
digitale)
59) “A New Journey” / Berardi Jazz Connection / Jazz Engine 2014
60) “ Il sogno di Vincenzo” / Donato Fumarola / Dodicilune 2014
61) “ Side C” / Maurizio Lomartire / Bluservice 2014
62) “ Fragmenta” / Vincenzo Mastropirro / Production Asa 2014
63) “ Via di fuga”/ Maggiore / Ululati – ProduzioniDalBasso 2014
64) “Ukiyoe – Mondi Fluttuanti” / Francesco Paolo Paladino, Claudio Milano /
Snowdonia dischi/Audioglobe 2014
65) “Concerto Grosso – fatto per la notte di Natale” / Orchestra del Settecento / Alphard
Record 2014
66) “Bluff “ / Cambio Di Rotta / Digressione Music 2015
67) “LISTEN NOW” / Alberto Dati / Elastica Records 2015 (solo digitale)
68) “Compilation With Elegance” / Berardi Jazz Connection / P-Vine Records 2015
(Giappone)
69) “ Via di fuga” / Maggiore / Eridano 2015
70) “ Mama” / Mama Marjas / Love University Records 2015
71) “Compilation Electronica Sensation” / Alberto Dati / Berlin Sensation 2016 (solo
digitale)
72) “ la Banda” / Nitrophoska / Sud Est Ass. 2016
73) “ Gypsy Jazz Trio” / Salvatore Russo / Emme Record Label 2016
74) “ Un[Folk]ettable Two”/ Nico Morelli / Cristal Records 2016
75) “ Next Move” / Antonio Trinchera / A.MA Records 2016
76) “ Fuochi e Fate” / Davide Berardi / Eridano 2016
77) “ If it flows It Goes, Vol. 3” / Compilation Various Artists / Se-Lek-Shuhn 2017
(solo digitale)
78) “ Strane Circostanze” / Antonio Bucci / 2017
79) “ Percorsi” / Marco Di Cesare / Soundiva 2017
80) “ Credo nei racconti” / Camillo Pace / Digressione Music 2017
PRODUZIONE VIDEO
1) “ E allora balla” / regia (Nicola Masciullo – Camillo Pace) / 2012
2) “ Piangi e ridi” / regia (Annabella Giordano – Graziano De Pace – Camillo Pace) /
2012
3) “ Il viaggio” / regia (Camillo Pace – Graziano De Pace) / 2013
4) “ Maisha” / regia (Graziano De Pace – Camillo Pace) / 2013
5) “ Si addormenta e vola” feat. Vincenzo Deluci / regia (Girolamo Samarelli) / 2013
6) “ Adesso” / regia (Camillo Pace – Graziano De Pace) / 2014
7) “ Io sono vivo” / regia (Graziano De Pace – Federica Di Bari – Camillo Pace) / 2015
8) “ Sarà Ancora” / regia (Giuseppe Rosato – Camillo Pace) / 2015

Gazzetta del Mezzogiorno 23 giugno 2017
Gazzetta del Mezzogiorno del 23/06/2017

LOCANDINA ANDREA BASSANI A3 (su cartoncino)