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PILLOLE dell’intervista a Franz Krauspenhaar

Aspettando l’intervista integrale allo scrittore Franz Krauspenhaar, domani 31 marzo 2017, ecco qualche pillola  da “LO SPECCHIO DELLE PAROLE”.

PROMO – “Lo specchio delle parole” (con lo scrittore F. Krauspenhaar)

Venerdì, 31 marzo, 2° appuntamento con la rubrica LO SPECCHIO DELLE PAROLE.
Domani, su YouTube, PILLOLE dell’intervista.

Chi incontreremo?

Scopritelo nel promo

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“LA SCIENZA DELLA PASSIONE” – Intervista a Franz Krauspenhaar

Nel 2016 Franz Krauspenhaar (scrittore, poeta e musicista milanese) ha pubblicato il romanzo Grandi momenti (Neo edizioni) e la raccolta di poesie Capelli struggenti (Marco Saya editore). Si avvia verso le fasi conclusive il progetto di musica elettronica Nerolux, che nasce come derivazione delle esperienze musicali maturate nei due dischi realizzati precedentemente col duo Atelier Vidocq.

  1. 12998648_1076016455799511_3760069408809642707_nCosa significa scrivere per te?

Me lo sono chiesto tante volte. Significa respirare con un altro polmone, con un polmone di riserva. È una boccata d’ossigeno di fronte alle piccolezze della vita, nonostante anche la scrittura abbia le sue cose minime, naturalmente, le sue cose ridicole, le sue cose negative come tutto, del resto. È soprattutto  una passione che si concretizza, una passione  che ho fin da bambino, ma che per un certo periodo avevo abbandonato per fare altro e che, poi, è ritornata prepotentemente a un’età, come si suole dire, già matura.

  1. Quando hai tra le mani un tuo libro, in questo “incontro” tra l’uomo che sei e l’uomo che eri nel tempo in cui hai scritto quel determinato romanzo e quella particolare raccolta di poesia, in quale rapporto ti poni con ciò che hai lasciato di te in quelle pagine?

Sai, questo rapporto non è sempre lo stesso. Dipende un po’ dal momento e dal libro. Io difficilmente rileggo completamente un libro che ho scritto. Praticamente non mi succede mai. Posso  rileggere qualche brano e quando mi capita di farlo con i miei romanzi, a volte, trovo 225850_2052118419413_5428483_ndelle cose che non rifarei, sinceramente. La poesia, invece,  è già un libro a sé, è come se fosse già un libro piccolissimo che, insieme agli altri libri che sono le altre poesie,  formano una piccola biblioteca. Questa è la mia visione. E in quel momento posso provare un’emozione, positiva o negativa, anche un po’ di tenerezza per come avevo risolto certe cose allora e come, invece, non le risolverei  più in quel modo, ma magari anche peggio! Nel senso che oggi, essendo forse più avvertito su certe cose, non mi lascerei andare come  allora all’errore. Anche se  l’errore  è sempre da mettere tra virgolette nella poesia. Non esiste un errore vero e proprio, perché non si tratta di un errore di montaggio come nel cinema, ma è qualcosa che possiamo chiamare ingenuità. Sì, ingenuità. Ecco, oggi non mi lascerei più andare ad un errore di ingenuità.

  1. Hai parlato di tenerezza. Nel ricordare, come hai dovuto fare in “Era mio padre”(Fazi Editore, 2008) hai mai provato la sensazione che la tenerezza potesse essere violenta,  potesse ferire?

Certo. In quel libro sicuramente la tenerezza è un’arma a doppio taglio. Scrivendo, si ripensa a certe cose –  cose tenere, moti d’affetto, carezze  – che possono diventare abrasive proprio perché è passato del tempo. È  passato, soprattutto, un momento di esistenza che non c’è più, quella persona non esiste più se non nel ricordo. Quindi, sì, la tenerezza è un’arma a doppio taglio, però è anche una delle cose più belle che ci sono state date in qualche modo, che sono a  nostra disposizione, non solo nella vita comune, ma anche nell’ espressione artistica. Però bisogna saperla maneggiare con cura, perché è un qualcosa di molto vibratile, come si sposta di un centimetro cambia quasi colore, come un prisma. La tenerezza è come una specie di gioiello che abbiamo dentro di noi e che possiamo portare come dono agli altri. È delicata e forte nello stesso tempo.

  1. In “Biscotti selvaggi” (Marco Saya Editore, 2012) un verso recita: “Vivere da falchi senza zampe”. Quanto costa vivere così?

È la condizione umana questa, il più delle volte; c’è poco da fare. Siamo dei falchi,  non tutti naturalmente. Tra di noi ci sono  dei falchi  a cui hanno tolto le zampe o che si sono, per così dire,  automutilati. Nello zoo, nel bestiario umano esistono anche  questi esseri, costretti a non essere liberi, liberi veramente.

Quanto costa vivere così? Costa un sacco di soldi!  Però possiamo anche vivere così, pur continuando a combattere per non esserlo. Non è una condizione fisica e quindi quelle zampe possono ricrescere di tanto in tanto o anche spesso. Siamo degli animali con la ricrescita facile, e anche difficile, del resto…

  1. E a proposito di libertà, un verso della tua poesia “Libero” in “Le prove di esilio” (Sillabe di Sale editore, 2015, coautore Michele Caccamo) recita così: “Sono stato libero, poi non lo sarò più./ Poi lo sono stato, e ora non so più esserlo”. Che significato dà un grande scrittore come te alla parola libertà?

È una parola che non è solo una parola.  Per molti è una parola e basta, da usare a seconda delle convenienze. Per me è  fondamentale. Già l’atto dello scrivere è un atto di profonda libertà. È anche per questo che scrivo: per essere libero.

  1. Esistere o resistere? Cosa richiede più coraggio?

Sono praticamente le due facce della stessa medaglia: senza resistenza non ci può essere esistenza e, ovviamente,  senza esistenza non  ci può essere resistenza. Soprattutto devi resistere alla vita stessa, a come ti si pone, ai suoi colori scuri per poter poi godere anche dei suoi colori pastellati, anche se i colori pastellati non sono poi esattamente il mio tipo di colori – io amo  lo scuro, amo il nero, amo il dark –  ma è per spiegare  che resistere ci permette di non dimenticare che la vita è fatta anche di colori più rilassanti, più vivaci, più belli insomma. Più belli? Beh, anche  il concetto di bellezza, come ben sappiamo, è sempre mutevole.

Cos’è la bellezza per te?

La bellezza può essere anche qualcosa di inquietante. I racconti di Lovecraft sono bellezza, Edgar Allan Poe è bellezza. Non dobbiamo cercare la bellezza nel cosiddetto bello classico, altrimenti ne abbiamo preso soltanto una parte. Questi esteti, che ci raccontano che la bellezza per esempio è un abito firmato, non sono artefici di bellezza, ma semplicemente della loro bellezza. Anche io ho la mia bellezza naturalmente, ma non mi considero proprio un esteta, in quanto l’esteta è molto più superficiale. Io vado, invece, un po’ più a fondo, quindi diciamo che sono  più bravo io, ecco!

  1. “Intorno a me il deserto, ma sono proprio certo di NON aver sbagliato strada”. È un verso di “Capelli struggenti” (Marco Saya, 2016). Cosa vuol dire, per te,  non sbagliare strada?

In quel verso c’è una punta di amara ironia, perché noi non abbiamo in mano il nostro destino,  come, invece, mi dicono in molti. Credo che sia una grande sciocchezza.  O meglio, lo abbiamo fino ad un certo punto, perché il destino è qualcosa che va un po’ oltre le nostre capacità, può essere semplicemente il caso, alcuni lo chiamano karma. Io non credo a nulla nello specifico, quindi può andar bene tutto, per quanto mi riguarda. Non sono sicuro di nulla e, per questo, in un certo senso mi sento libero anche di fronte a particolari credenze.

  1. Immagina la scena: stoppare la palla al limite dell’aria di rigore, liberarsi dei difensori, battere con un diagonale e…NON fare gol e poi ritornare a correre dietro quella stessa palla. Non solo richiede una debordante dose di passione (quella passione di cui hai scritto in un tuo libro proprio  dal titolo “La passione del calcio” (Perdisa Pop edizioni, 2010), ma interpella la fiducia in se stessi, nelle proprie capacità. Quanta fiducia richiede la scrittura? E fiducia in che cosa?

1902043_779415848792908_5813271888063047781_nFiducia in quello che si fa. La passione richiede fiducia, è ovvio, ma può anche autoalimentarsi, perché, soprattutto all’inizio, è normale essere molto insicuri, molto indecisi e non credere veramente, fino in fondo nel proprio valore. Il valore cresce tra le nostre mani, ma solo se viviamo nell’applicazione della nostra passione, come se la passione fosse una scienza. Dobbiamo applicare la passione giorno dopo giorno nel lavoro duro. La scrittura è un fatto di lavoro, un fatto di passione e lavoro, di applicazione anche ferrea spesso. È necessario lavorare molto, anche se oggi  mi sembra che questa componente essenziale stia venendo un po’ meno. Si cerca  il successo semplice, con una scrittura spesso poco profonda, poco scrittura; la maggior parte delle volte è più una redazione che una scrittura.

  1. Stai per concludere un tuo nuovo progetto “Nerolux”, brani di musica elettronica e sperimentale.

È un progetto musicale che si avvia verso le fasi conclusive. Naturalmente quando si lavora in autoproduzione si incontrano dei problemi che nelle grandi  produzioni si risolvono subito perché si dispone di tanti soldi. In autoproduzione, invece,  bisogna anche arrangiarsi con l’aiuto di professionisti che  per te hanno  poco tempo e che quindi per te lavorano solo nei ritagli di tempo.

Questa per me è una bellissima esperienza che va oltre la letteratura, anche se, alla fine, la considero un’ espressione artistica in qualche modo anche letteraria, fa sempre parte di quel grande contenitore di vita che è l’arte nel quale un artista può variare, usando anche altri “pennelli”. È un qualcosa di nuovo a cui sono arrivato a 50 anni, ma che come idea ho avuto sempre dentro, pur non credendo mai di poterci riuscire davvero. Alla fine, invece, ci sono riuscito in qualche modo, poi naturalmente si vedrà.

Io ho già fatto un paio di dischi di musica elettronica con un duo che poi si è sciolto. Sono stati due esperimenti parzialmente riusciti e adesso vediamo cosa succede con questo Nerolux.

La musica elettronica sperimentale ha un carattere ibrido, è un linguaggio che ignora o addirittura  contraddice gli schemi rigidi ed  il brano, spesso, si fonda su un incontro tra continuo e discontinuo. Sembra quasi che tu faccia una  scelta di interagire con il caos piuttosto che controllarlo. È così?

Si, esatto. È un po’ la mia caratteristica anche in poesia, in parte anche nel romanzo. Hai inquadrato perfettamente la questione:  interagire con il caos, mettere sul piatto vari elementi. Uno stile può essere caratterizzato anche dalla varietà dei sottostili che sono all’interno. Ci sono dei miei  romanzi che sembrano scritti da  persone diverse, perché  per me è tutto una sperimentazione. Ma non una sperimentazione per la sperimentazione – quella non mi interessa e poi è stata già fatta – è una sperimentazione mia, personale,  su di me come autore perché voglio toccare  argomenti e stili diversi. Non mi accontento mai, ecco!

È il segreto della bellezza di quello che scrivi.

Non lo so. Può darsi.

  1. Nella canzone “Il tutto è falso” Giorgio Gaber canta questi versi: “Il tutto è falso/il falso è tutto /il falso è un trucco/un trucco stupendo/per non farci capire/questo nostro mondo/questo strano mondo/questo assurdo mondo/in cui tutto è falso/il falso è tutto…” Il falso è tutto? Sei d’accordo con Gaber?

Questo testo, come tutti i testi delle canzoni di Gaber, è molto bello  e molto profondo, però per me il falso non è tutto. Non potrei dire la stessa cosa.  È un testo per canzone e, in quanto tale, ha bisogno anche di dire il falso, per essere vero. Anche  noi scrittori dobbiamo raccontare il falso per arrivare ad una sorta di verità, ad una verità parziale naturalmente. Verità parziale che è poi, spesso,  anche la verità, perché non è nelle nostre capacità di umani parlare di verità totale. Però,  attraverso la verità parziale possiamo arrivare ad una verità  che possa essere grossomodo condivisa,  se non da tutti,  da molti. Ciò che è falso fa parte della nostra vita ed è ciò che ci osteggia, ciò che ci vuol fare del male. È  un po’ la rappresentazione del diavolo, viviana nicodemo 2diciamo così. La falsità ci uccide giorno dopo giorno, ci impedisce di vivere, ci tronca quelle zampe se siamo dei  falchi. Il falco che cerca di volare è sincero, cerca di fare il suo mestiere e  invece il falso cerca di non farglielo fare e quindi è  controllo, è mancanza di libertà, è ipocrisia, tutte cose contro le quali troppo poco ci battiamo.

Ci vuole una guerra vera a propria contro queste cose, ma non la combattono in tantissime persone perché è molto difficile e ci sono anche  pochi strumenti per farla,  anche se siamo in piena era tecnologica. Ma è proprio quest’era tecnologica a controllarci, per renderci sempre più fintamente intelligenti e più veramente stupidi.

E cosa  è profondamente vero, per te, invece?

I sentimenti. I sentimenti sono veri. I sentimenti sono quanto di più vero. È attraverso il moto dei sentimenti che noi possiamo vivere davvero, possiamo resistere per esempio, possiamo mandare avanti la nostra battaglia, che è una battaglia sentimentale in prima istanza. A me danno del cinico, perché il più delle volte io mi diverto ad essere più cinico  di quello che sono. Certamente sono uno che ha visto  tante cose e non si fa grandi illusioni, quello no.

  1. Se nel mondo si perdessero, all’improvviso, tutte le parole e tu potessi trattenerne una sola, quale tratterresti?

A me piacerebbe dire amore perché farei un figurone. Direi sentimento, ma non perché è la parola più bella del vocabolario, ci sono parole più belle secondo me, anche più forti, più passionali. Ecco, forse la parola passione, ancor di più, rappresenta quello che io vorrei non sparisse mai dal vocabolario e dalla vita. Sì, è questa la parola che tratterrei tra tutte: PASSIONE.

                                                           

                                                                         Gabriella Grande

 

libri del FranzFranz Krauspenhaar (Milano 1960) ha pubblicato 9 romanzi, 1 saggio narrativo e 5 libri di poesie. Ha fatto parte, per quattro anni, della redazione del blog Nazione Indiana e ha cofondato il blog La poesia e lo spirito e la webmagazine Tornogiovedì. Scrive di letteratura, arti e costume per riviste e giornali. A breve sarà nella redazione della nuova rivista letteraria Il Maradagal. Si occupa da qualche tempo anche di musica elettronica.