L’AMORE È UN OMBRELLO

ph-aliza-razell

Non credo all’amore come involucro che “protegge”, impedendo all’altro di crescere e di esprimersi. Per me l’amore deve farsi ombrello che “ripara”, ma lasciando spazio e ossigeno.

Gabriella Grande ©

Ph: Aliza Razell

Pubblicità

ANARCHIA

foto-bellissime-di-attori-famosi-che-mangiano-mia-farrow-1977

Ti ho pensato, oggi, dopo tanto tempo,

non diverso da come sei,

ma diversa io, ormai

e questo è un bene.

È il bene che mi voglio come mai prima d’ora

ad accogliere il pensiero di te

come una pietanza che mi era piaciuta

e che pure mi ha fatto male.

Ohi, che male i broccoli!

Ecco,

tu sei per me come il pensiero dei broccoli.

Si affaccia alla mente una nostalgia,

ma ha il tuo odore

e mi è divenuto insopportabile.

Non perché il tuo odore non sia buono,

ma solo perché mi ha fatto male.

 

Provo a tapparmi il naso

per trattenerti ancora un po’,

ma è odore che sale fino agli occhi.

Alla Dittatura del broccolo

e di questo amore avariato

rispondo, allora, con l’Anarchia.

Non ti è più concesso altro potere.

Sono mia.

 

Gabriella Grande, 2016 © Riproduzione riservata

L’AMARO NON HA SORPRESE

Il sale nel caffè!

Eppure mi era sembrato zucchero.

Quante cose mi sono sembrate

fino a qui.

Mescolo sempre

prima

di verificare

che gli ingredienti

abbiano il giusto sapore.

Fiducia o imprudenza?

Non posso più nemmeno

darle il nome di imperizia,

che risanerebbe l’orgoglio e la fine.

Non ho mai portato gli occhiali,

ma non ho ancora tolto i paraocchi

in cui ho attaccato figurine

di paradisi e fragole.

È appena socchiusa la finestra sul caso

che da quella fessura già mi infilo,

come un’ape che,

resa cieca dal suo stesso miele,

va incontro ad una rete di ragno

a cui si incolla,

prima ancora di capire

che non era cielo e stelle.

Da oggi caffè senza zucchero.

L’amaro non ha sorprese.

 

Gabriella Grande, 2016 © Riproduzione riservata

 

 

NON ESISTONO INUTILI ATTESE

Dal portone di casa dovremmo salpare sempre con un gran desiderio di scoprire.

Ogni gioia, in fondo, ha bisogno di un pretesto.

Ieri, ce n’era una per me e mi aspettava all’angolo di una virata in Corso Umberto, una strada della mia città. Nella vetrina meno in vista della Libreria Filippi, un’ombra rotta dalla luce mi ha rivelato il suo contenuto. Il suggerimento del prodotto esposto è così diventato per me una necessità. Cinghie reggilibri vintage, anni ’80! Belle, come non se ne producono più.

Non speravo fosse ancora possibile imbattersi in qualche rimanenza di magazzino, come in questo fortunatissimo caso. Una decina di cinghie, nessuna banale, con quel design in cui si congiungono, da sempre, forza e umiltà.

Forse non cattureranno lo sguardo del distratto, mentre io ho sempre “fame” quando passo davanti ad una libreria e “sete”, davanti a questi pozzi d’acqua, a queste riserve per una stiva sempre vuota, a queste cattedrali di parole che, ieri sera, mi hanno restituito il sapore del tempo, che è salito fino in gola e poi ancora più su, risvegliando un ricordo che avevo declinato all’orizzonte della memoria.

Da ieri, posso di nuovo raccogliere i libri, che porto con me, in una cinghia, tra le più belle che abbia mai avuto.

Forse, non esistono inutili attese.

Gabriella Grande

IMG_20160825_144637

NEL CAFFÈ DELLA GIOVENTÙ PERDUTA di Patrick Modiano

“Viviamo in balia di alcuni silenzi”: è questa la sensazione che ci coglie in questo romanzo in cui Modiano ci immerge tra le vie della Parigi dei primi anni ’60. Cinque capitoli in cui si susseguono 4 voci narranti nel tentativo di ricostruire la storia di una donna di 22 anni, costantemente in fuga, e che di sé dice:

“non ero veramente me stessa se non nel momento in cui fuggivo”.

La chiamano Louki, questa fuggitiva protagonista del romanzo, figlia di un padre ignoto e di una madre, ormai morta, che aveva lavorato come maschera al Moulin Rouge: tra loro due un’incomunicabilità interrotta solo in occasione di qualche contatto fugace e maldestro. In fuga dal suo passato e dal suo matrimonio, questa donna “piena di fascino”, ma dal profilo vago e confuso, appare come un fantasma evanescente al confronto della Parigi iperrealistica descritta dall’autore con ossessiva precisione topografica. Prendendo le distanze da ogni cosa, Louki resta fedele solo alla sua passività, al “suo posto, giù nell’angolo”, senza il coraggio e la reale volontà di affacciarsi alla “vera vita” cui aspira. La insegue sempre, ma quella vera vita è altrove o al di là, è un “orizzonte perduto” che si dà solo tra le pagine di libri impregnati di misticismo. Unico punto fermo è il caffè Le Condé, dove Louki si rifugia, mimetizzandosi tra scrittori, pseudoartisti e studenti universitari, che vivono al presente, senza progetti, secondo la regola di vita dei cosiddetti “situazionisti”. Potremo seguire all’infinito il racconto dello studente di ingegneria di cui non conosceremo il nome, di Roland, aspirante scrittore e amante di Louki, o di Pierre Caisley, l’investigatore ingaggiato dal marito per ritrovarla, ma sarà solo un’illusione quella di avanzare nella comprensione delle loro vite: esse abitano un vuoto di cui non resterà altro che qualche fotografia, un numero di telefono, e alcuni indirizzi.

Ci si inerpichi pure tra le pagine in cerca di risposte… La prima tra tutte: ma chi è veramente Jacqueline Choureau, nata Delanque, poi ribattezzata Louki dagli habitué del caffè Le Condé? Ne ricaveremo solo silenzi, paure ed ombre. Nel suo continuo vagabondare verso la deriva, Louki appare sempre più vulnerabile, impenetrabile, solitaria, evanescente. Impossibile accoglierla: ella resiste ad ogni rivelazione, arranca tra “paradisi artificiali”, s’impaluda con Roland in hotel di passaggio, attraversa “zone neutre” di Parigi, sporgendosi ogni giorno di più sul ciglio del nulla, fino all’epilogo drammatico in un giorno di novembre, in cui Louki sceglierà di uscire per sempre dalla scena del mondo.

Modiano è solo cronista della crisi del nostro tempo: ne registra fedelmente i sintomi, ma non offre soluzioni. Anche la sua è un’“arte della fuga”, fuga forse anche dalla letteratura, attraverso l’uso di un linguaggio scarno che affida le sue capacità significanti alla secca descrizione di azioni prosciugate dall’emozione. È quasi l’approdo ad una nuova forma di fotografia: un inchiostro fotografico, che può solo testimoniare la realtà dei fatti, escludendo la profondità dell’animo. A Modiano sembra basti “cercare di salvare dall’oblio”, convinto come la poetessa Daria Menicanti che “muoiono veramente quelli solo/ che vai dimenticando”. Forse! Intanto, sotto un cielo che “è come una tenda strappata di un povero circo”, se ti lasci andare, il nulla ti inghiotte nel caffè della gioventù SCONFITTA. “Nel caffè della gioventù perduta” è un romanzo desertico; proverete arsura.

Gabriella Grande © Riproduzione riservata

Potete leggere questa recensione anche cliccando sul link:

http://www.sololibri.net/Nel-caffe-della-gioventu-perduta.html

GABRIELLA GRANDE

Art curator (mostre d’Arte ed eventi culturali), scrive di critica d’Arte su diverse riviste del settore, recensionista di Letteratura, blogger culturale, poetessa.

Pubblicazioni:

Arte

  • Cenni critici pubblicati sul n° 55 della Rivista d’Arte “Liburni”, “Andrea Bassani, Rinnovamento delle forme”;
  • Catalogo d’arte “Andrea Bassani” (testo inglese/italiano), curato da Gabriella Grande, 2018;
  • Catalogo d’Arte “La carne dell’anima” – Andrea Bassani, curato da Gabriella Grande. Terra d’Ulivi Edizioni, 2017;
  • Testo critico di Gabriella Grande “Quando il segno diventa poesia”, pubblicato sul n° 39 del periodico “Il Melograno” (dicembre 2017);
  • Testo critico di Gabriella Grande “Michele Petrelli e i colori dell’anima delle antieroine del nostro tempo” (al link: http://www.michelepetrelli.it/antieroine-del-nostro-tempo/);
  • Testo critico di Gabriella Grande “Athos Faccincani e i colori delle case della sua anima fiorita” (https://gabriellagrandeblog.wordpress.com/2016/08/21/athos-faccincani-e-i-colori-delle-case-della-sua-anima-fiorita-2/)

Poesia

  • Una selezione di poesie nell’antologia poetica “Metafora współczesności” 2018 (traduzione della poetessa Joanna Kalinowska);
  • Una selezione di poesie sul n° 123 dell’antologia poetica “Poezja dzisiaj” (Poesia oggi), 2017 (traduzione della poetessa Joanna Kalinowska);
  • Una selezione di poesie nell’antologia “UT sessanta (Antologia 2007-2017)”, UT, 2017;
  • Una selezione di poesie nell’antologia poetica “Amori liquidi – sogni, sentimenti e fragilità delle donne”, Casa Editrice edit@, 2017;
  • N°56 della Rivista d’Arte “UT”,  “Le nuvole”, 2016;
  • N° 55 della Rivista d’Arte “UT”,  “Il dubbio”, 2016;
  • Una selezione di poesie nell’antologia poetica “Transizione – La Ri/E/voluzione di una donna”, Casa Editrice edit@, 2016;
  • Una selezione di poesie nell’antologia poetica “sChiavi diVersi”, ArtisticaEdizioni, dicembre 2014

Cura Mostre d’Arte contemporanea:

  • Curatrice artistica della Mostra d’arte contemporanea“Quando il riciclo diventa arte. Il mondo di Giovanni Cuccaro in una cornice di musica e bellezza” dell’artista GIOVANNI CUCCARO. Sabato, 21 aprile 2018, ore 18:30. Galleria d’arte dell’Atelier  “Privè. Arte, Moda e Cultura”, Piazza M. Immacolata n° 32, Taranto. (Vernissage; Relatore: Federico Villani (Tecnico ambientale);  Musica live: “Francesco Greco Ensemble” (Violino: M° Francesco Greco; Basso: Antonio Cascarano; Batteria: Mino Inglese); Sfilata abiti dell’atelier “Privè. Arte, Moda e Cultura”;
  • Curatrice artistica dell’evento “Magie di violino tra pittura, tango e poesia” e della Mostra d’Arte Contemporanea “Le donne”della pittrice LOREDANA LUDOVICO. Sabato, 31 marzo 2018, ore 18:30. Galleria d’arte dell’Atelier  “Privè. Arte, Moda e Cultura”, Piazza M. Immacolata n° 32, Taranto. (Relatore: critico d’arte e scrittore Dott. Pasquale Bottiglione; Violino: M° Francesco Greco; Tangheri: Rita MOntinaro, Mariano Pendinelli);
  • Curatrice della Mostra/Conferenza d’Arte Contemporanea “La carne dell’anima”del poeta e disegnatore bergamasco ANDREA BASSANI dal 18 dicembre 2017 al 5 gennaio 2018. Vernissage e Conferenza il 18 dicembre 2017 alle ore 11:00. Salone degli Affreschi – Palazzo Ateneo, Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, con il Patrocinio dell’Università di Bari e con il Patrocinio della Città di Bari. (Relatori: Prof. Clemente Francavilla, Dott. Pio Meledandri, Dott. Alessandro Salvatore. Ph. ufficiale della Mostra Fotocinereporter Dott. Roberto Pedron);
  • Curatrice della Personale di disegno del poeta e disegnatore bergamasco ANDREA BASSANI dal titolo “Vuoi provare i miei occhiali?”, 17/07/2017, Sala degli Specchi del Palazzo di Città di Taranto, con il Patrocinio Morale del Comune di Taranto. Vernissage e videoconferenza (Relatori: artista Andrea Bassani in contatto skype, Gabriella Grande, Dott.ssa Annamaria Calia, Dr. Gianpaolo G. Mastropasqua, Padre Antonio Salinaro; Musica: Camillo Pace e Antonio Oliveti; Pianoforte: Dott.ssa Maristella Rizzuto)

Interviste:

  • Intervista e videoclip a Gian Ruggero Manzoni (poeta, narratore, pittore, teorico d’arte, drammaturgo, performer), settembre 2017
  • Intervista e videoclip a Giorgia Zecca (fotografa e pittrice), settembre 2017
  • Intervista e videoclip a Andrea Bassani (poeta e disegnatore), aprile 2017
  • Intervista e videoclip a Franz Krauspenhaar (scrittore, poeta e musicista), marzo 2017
  • Intervista e videoclip a Michele Cipriani (attore di teatro), marzo 2017

Presentazione autori:

  • Presentazione: “La poesia di Andrea Bassani” – Parole e immagini. Relatori: Gabriella Grande, Prof. Ernesto Marchese, Grafico Dott. Emo Risaliti; Musica: maestro Daniele Mandorli. 20/05/2017, Bar Baccarini, San Marcello Pistoiese
  • Presentazione: “Labiali” del poeta Paolo Castronuovo nella cornice dell’installazione “Spot” dell’artista Pierluca Cetera. 10/02/2017, Libreria Ubik, Taranto

Reading:

  • Reading di Poesie, Sala degli Specchi del Palazzo di Città di Taranto, 8/03/2017
  • Reading di poesie di Gabriella Grande e di Andrea Bassani, presentate dal prof. Ernesto Marchese. Musica del maestro Daniele Mandorli. Novembre 2016, Deka Caffè Letterario, Agliana (PT)
  • Reading di poesie e videoproiezione “Sinestesie” di Gabriella Grande nella cornice della Personale di Pittura “Anime e cemento” dell’artista Michele Petrelli. 20/12/2014, Cactus Hub, Taranto
  • Reading di poesie e video-proiezione “Sinestesie” di Gabriella Grande nella cornice della Personale di Pittura dell’artista Michele Petrelli. 13-14/12/2014, Coworking, Palazzo Ulmo, Taranto

Spettacoli poetico-musicali:

  • “sChiavi diVersi”,  spettacolo poetico-musicale. 20/08/2014, Teatro Arena Villa Peripato, Taranto
  • “Nascita e rinascita”, spettacolo poetico-musicale. 26/12/2014. Teatro Padre Turoldo, Taranto

Altro:

  • Nominata giurato per la terza edizione (2019) del Premio di poesia Maria Maddalena Morelli “Corilla Olimpica” città di Pistoia;
  • Nominata giurato per la seconda edizione (2018) del Premio di poesia Maria Maddalena Morelli “Corilla Olimpica” città di Pistoia;
  • Nominata giurato per la prima edizione (2017) del Premio di poesia Maria Maddalena Morelli “Corilla Olimpica” città di Pistoia, insieme ad Ernesto Marchese, Matteo Mazzone, Marco Marchi, Andrea Bassani, Giacomo Trinci, Antonella Di Tommaso.

GUARDA AVANTI

“Guarda avanti”…quante volte lo abbiamo sentito ripetere. A volte, però, significa solo andare avanti sulla strada dell’errore. Io preferisco fermarmi a riflettere e farlo il prima possibile, affinché non diventi troppo lunga la strada del ritorno. Le parole sono importanti e “Guarda avanti” sono parole che confondono.

Recupera, ripara, correggi e riprendi il cammino.

Gabriella Grande

 

UN GIORNO PER VOLTA

Reimparare a vivere,

un giorno per volta,

un poco per volta.

Chiamare futuro la sera,

l’ultima ora prima di addormentarti.

Addestrata, la volontà resiste,

minuti fragili costruiranno ore compatte.

Non cercarti altrove,

è qui che esisti.

(Gabriella Grande, Antologia poetica “sChiavi diVersi”, AE,  2014)

© Riproduzione riservata

Potete ascoltarla su youtube:

 

Ed anche su Spreaker:

 

MICHELE PETRELLI E I COLORI DELL’ANIMA DELLE ANTIEROINE DEL NOSTRO TEMPO

Sono forme della loro trasparente interiorità le donne dipinte da Michele Petrelli. I loro volti ed i loro corpi tratteggiano, in modo peculiare e variegato, le sensibilità incarnate di una femminilità originaria, essenziale, assoluta. E per l’osservatore è subito “incontro” con queste iconiche antieroine del nostro tempo: affacciandosi da uno sfondo quasi liquido, privo di confini e di limiti, il loro tratto distintivo comune è una pervasiva forza seduttiva, declinata di volta in volta come innocente o provocante, libera o trattenuta, sognante o agita, appagata o turbata. Il soggetto rappresentato è spesso decontestualizzato, avvolto in una sintesi di spazio e luce, di inquietudine e bellezza. Larghe pennellate di colore emotivo si accendono nei dipinti di Petrelli, le linee tracciate si fanno soglie di profondità, rughe di concentrazione di energie: l’orizzonte di segni che esse insieme dispiegano è un invito a muoverci per attraversare quel confine. Ed ecco che all’improvviso il soggetto di questi quadri si farà strada dentro l’osservatore senza annunciarsi...con un solo sguardo. Ed è un incontro interiore. Fermarsi alla superficie del dipinto, senza interrogarsi sul suo “mistero” ci impedirebbe di partecipare della straordinaria capacità che Petrelli ha di “vedere” e “farci vedere”, trasformando le pennellate sulla tela nelle ondose volute di un empatico flusso di coscienza. Petrelli mira a cogliere l’essenza esistenziale del soggetto raffigurato, cancellando il limite tra immagine ed interiorità. Ogni ritratto di donna è un micro-racconto: la breve storia di una personalità, di una identità, di una relazione, di un’inquietudine. Mancano gli oggetti e quando sono raffigurati, appaiono come il simbolico referente di un aspetto del carattere… c’è solo la donna posta di fronte alla sua identità, come davanti ad uno specchio.

Petrelli dipinge singole moltitudini ed in quei visi di una forte potenza realistica ogni donna può ritrovare un po’ di sé. E’ una femminilità ostinata e sensuale, altera e materna, volitiva e ironica, che non arretra di fronte alle proprie fragilità. Queste donne conoscono la fatica del vivere, hanno esercitato i muscoli e ora sanno come dominare sia lo spazio che l’uomo; talvolta stemperano le loro debolezze ricorrendo ai triti clichè della mascolinità (ma non per aderirvi passivamente, bensì per distanziarsene ancor di più), ma non rinunciano mai alle loro attitudini materne, persino quando si vendono (come in Prostitutes): per loro la maternità è anzitutto un tratto dell’anima.
Sono donne in cui si sublima la sensualità della carne, fino a diventare un messaggio di forza morale, capace di redimere ed elevare (come in Flamenco rosso). 
Emblematica la scelta di privare talvolta la donna della funzione meramente ornamentale dei capelli: in Pregnant, essi si fanno “nido” (ancora un riferimento alla maternità), in Medusa diventano tentacoli nello spazio (per conquistarlo o per aggrapparsi e non cadere?).
In Sara vediamo una donna che si prende in giro con le smorfie, ma, in realtà, si sta interrogando: è come se volesse vedersi in un altro modo per ritrovarsi, alla ricerca di un’identità “altra” che non riesce a definire, sperimentando in tal modo l’alterità già dentro di sé.
In Monkey vediamo una donna il cui braccio ha la rapacità di un uccello: le sue dita sono artigli che si protendono avide verso il mondo per ghermirlo ma, allo stesso tempo, è come se fossero da questo risucchiate, fino a sfrangiarsi o liquefarsi verso il basso. In un movimento uguale ma contrario, i capelli di questa donna sono invece risucchiati dall’aria verso l’alto, cosicché essa appare come in bilico o in equilibrio tra forze ed istanze che si oppongono. 
In Susanne 04 c’è una donna che sembra aver bisogno di tepore, di tenerezza , di qualcosa che possa darle un senso, di un’emozione che sia calda proprio come il colore giallo che Petrelli usa. Nel languido abbandono cui questa donna si lascia andare c’è il senso di un’attesa: è come se lei se ne stesse lì, dolcemente sognante ma recettiva, pronta ad accogliere una mano tesa che la prenda, oppure un segno che le dischiuda un nuovo orizzonte. Non è una resa, ma solo un momento di pausa dal suo essere forte e tenace, un frammento di tempo in cui cede le armi, ed in cui non si difende. Chiusa nel suo voler-dover essere dura, in quella corazza quotidiana in cui si cala per stare nel mondo,si sente oppressa e avverte ora il bisogno di rilassarsi, di cedere ad una tenerezza che forse tarda ad arrivare. In Adamo ed Eva e in Man with pinwheel, Petrelli volutamente non ritrae più la bellezza della donna, mirando piuttosto a coglierne la funzione originaria di alterità biologica, rispetto al maschio: sono femmine più che donne, termine binario di una polarità sessuale ricondotta alla sua dimensione primigenia, puramente riproduttiva. Eva ha la forza materica della terra, di cui è di fatto impastata, fino ad esserne l’elemento animato consustanziale. Queste donne-femmine, prive degli orpelli e dei belletti della mediazione culturale, sono vestite dei loro sorrisi compiaciuti e sornioni: sono creature vigili e presenti più che mai (anche quando appaiono in secondo piano sullo sfondo), hanno l’aria di saperla lunga loro e ci si chiede ironicamente cosa ne sarebbe mai del maschio/uomo senza di esse. Tuttavia, sia nel suo cotè più biologico (la femmina) che in quello più culturalmente mediato (la donna) la forza incorporata in queste figure non è mai prepotente ed arrogante: è temperata dalla delicatezza delle farfalle svolazzanti sulla testa di Sara, assume la posa languida e soporosa di Susanne 04, si accende delle tinte passionali di flamenco rosso, impara a convivere con il vuoto irriducibile della solitudine, come in Medusa 04Incrociare lo sguardo di Medusa è, si sa, letale, ma Petrelli ci invita comunque a “guardarla” e a “rischiare”, forse per sfidare quell’atteggiamento comune a molti di voler “possedere” senza prima essersi sforzati di “guardare”. Raccogliere questa sfida equivarrebbe allora a pietrificare una volta per tutte le nostre convinzioni superficiali, i nostri giudizi triti e veloci. In fondo a quello sguardo che intimorisce e “cattura” c’è forse la traccia della vera bellezza che si nasconde: la verità della persona.
È proprio questo, in definitiva, l’invito che la donna di Petrelli ci lancia come sfida e come compito: un guardare che miri a stanare e cogliere la verità, perché solo l’incontro con la verità è bellezza che può salvare o redimere.
Al cuore della pittura di Petrelli, suggellato da sapiente tecnica e indiscutibile talento, palpita fremente un delicato anelito di salvezza, fragile ma tenace.

A cura di Gabriella Grande © Riproduzione riservata

Pubblicato sul sito dell’artista (sezione critica) al link:

http://www.michelepetrelli.it/antieroine-del-nostro-tempo/

Questo slideshow richiede JavaScript.

ATHOS FACCINCANI E I COLORI DELLE CASE DELLA SUA ANIMA FIORITA

(Mostra personale di Athos Faccincani, 22-30 novembre 2014, Taranto)

Imperdibile la mostra personale del maestro Athos Faccincani aperta dal 22 al 30 novembre alla Galleria comunale del Castello Aragonese, a Taranto. Un “percorso” tra oltre 20 oli su tela che vi condurrà in una dimensione sospesa nella quale si ha quasi l’impressione che il tempo per qualche istante si fermi: ci abbandoniamo allora ad un’ attesa quieta, ricettiva, ed accogliente come i petali di quei fiori che Faccincani ama così tanto rappresentare. Nei suoi dipinti spesso si perdono le distanze tra l’immaginazione e la realtà: le esperienze vissute e interiorizzate nella memoria, vengono poi ricreate attraverso una pittura che usa il pennello per vibrare pulsazioni di luce pura, sotto i cui impulsi sembra colorarsi anche l’oscurità. Inseguendo le immagini dei sogni, o la felicità nelle sue diverse sfumature, la ricerca artistica di Faccincani trascende ogni malinconia, e dall’aspra voce del nostro tempo fa scaturire un canto di quiete in cui sembra celarsi questa richiesta: “Impara a guardare nella luce ciò che guardi. Io l’ho fatto anche per te”. Nei suoi dipinti, prima ancora dei contorni e delle forme, ci raggiungono i colori della sua “tavolozza solare”, i cui elementi immancabili sono i blu, i gialli, i rossi, e i vermigli. Faccincani satura il tessuto della tela con pennellate dense, fitte, vibranti di un tripudio di colori rispettosi ma non sottomessi all’egida del disegno. Certe sue pennellate minute sembrerebbero quasi dettate dall’esigenza di ricordare che anche la più piccola cosa è importante nello spazio vitale della tela. Su tutto, in questo spazio, splende il sole, che con le sue limature di luce definisce e vivifica i contorni, permeando di sé ogni forma che appare. I fiori sono elementi dominanti e prediletti in Faccincani: non sono un elemento puramente decorativo, ma sono una presenza attiva, sembrano i latori di un qualche messaggio da codificare. Ad esempio, in “Verso Positano un sogno di papaveri” e in “Da uno splendido giardino Positano e luce”, i fiori appaiono come un sipario che si apre per invitarci ad entrare nel quadro, e sono un richiamo gioioso a “vedere”, suggerendo la strada che gli occhi devono seguire. Anche il mare è una presenza significativa: non un mare statico, ma “festoso” (come quando il vento ne increspa le onde in “Città dei due Mari tra luce e poesia” ). Il mare riceve e riflette la luce, le sue acque sono quasi uno specchio ipnotico, sotto cui si intravvede un fondo invitante e mai inquietante, scintilla che accende il nostro desiderio di vedere ciò che c’è oltre. Spesso, in quel mare si ripete il motivo delle barche, ormeggiate o in movimento, come tavolozze colorate impegnate nei passi leggeri di una danza delicata. Gonfie le vele, il cui riflesso nell’acqua, a distanza, le fa apparire quasi gabbiani in volo (come in “L’ulivo e la fantasia dei papaveri”): attraverso di essi il pensiero dell’artista sembra oscillare tra l’aperto dell’orizzonte sullo sfondo, e il rassicurante rifugio delle case in primo piano. Proprio le case sono l’altro elemento costante e significativo della pittura di Faccincani: nelle case da lui dipinte si ha l’impressione di percepire il respiro della gente che le abita, uomini e donne, bambini e adulti la cui presenza possiamo però solo indovinare perché in
realtà nei suoi paesaggi l’artista non dipinge quasi mai persone: eppure, esse in qualche modo si “sentono”. Infatti, attraverso il “sussurro del colore”, Faccincani riesce magicamente a farci sentire anche quello che non rappresenta. Dipinge paesini e città che si dispongono in una coreografia che dilata lo spazio: siamo tutti invitati a “camminare” insieme a lui nel quadro. A questo invito ne segue un altro: “viverlo”, diventarne in qualche modo parte, perché lo scenario rappresentato
attende proprio noi per essere abitato. Forse è per questo che l’artista ha dipinto sedie a sdraio vuote (come in “Angolo di luce e poesia”) e tavoli che sembrano lì pronti ad accogliere qualcuno (come in “Sognando di noi a Santorini”). Tutto è sospeso, nell’attesa che venga accolto l’invito a condividere un momento di felicità che non si perde, che resta cristallizzato sulla tela in attesa di essere riconosciuto. Se visiterete questa mostra di Faccincani non ne resterete delusi: tra i colori delle case della sua anima fiorita, vorticherà il cuore verso l’alto, in una tensione di stupore e meraviglia, come il volo dei colombi in “Poesia a Venezia fra luce e riflessi e i piccioni di
sempre”.

Gabriella Grande © Riproduzione riservata